Pescara, si uccide con la figlia: la madre sopravvissuta aveva paura dell’ex / Le foto

Ena accettava di fargli vedere la bimba oltre i limiti del tribunale per placarne la rabbia
PESCARA. Aveva paura Ena Pietrangelo, la mamma di 44 anni che, domenica scorsa in via Lago di Chiusi a Pescara, ha visto la figlia di 5 anni morire avvolta dalle fiamme insieme al padre, Gianfranco Di Zio, 48 anni, suo ex convivente. Paura per se stessa, per le prime tre figlie avute da un precedente matrimonio quando viveva ancora a Vicoli, nel Pescarese, e anche per Neyda, la bambina nata il 24 aprile 2009 proprio dall’unione con Di Zio. Il 5 aprile dell’anno scorso, ai carabinieri di Cepagatti, il paese dove era andata a vivere la sua seconda vita dopo la separazione dal primo marito, Ena aveva raccontato: «Solo in questi giorni ho avuto il coraggio di denunciare quanto sta accadendo perché temo possa peggiorare. Ho paura per la mia incolumità e per quella delle mie figlie». Quasi una previsione. Ai carabinieri aveva raccontato gli ultimi due mesi di liti e botte, con Neyda presa a schiaffi dal padre, picchiata anche con una cinta e con il rotolo della carta in alluminio. Aveva paura Ena e voleva proteggere le sue figlie, dalla prima di 20 anni fino a Neyda, e per questo permetteva a Di Zio di vedere la bambina anche al di fuori dei limiti imposti dal tribunale per i minorenni dell’Aquila e cioè soltanto un’ora a settimana il sabato mattina, nell’asilo di Cepagatti e alla presenza degli assistenti sociali del Comune. Lo ha confermato, in due ore, agli agenti della squadra mobile che indagano sull’intreccio di amore e odio l’assistente sociale di Cepagatti, Cristina Carota, che seguiva la famiglia. Forse, l’ultimo incontro tra gli ex conviventi, domenica scorsa, è avvenuto proprio per questo: una concessione per placare la rabbia di Di Zio. Ma Di Zio, seduto sul sedile posteriore dell’auto con la bambina, ha svuotato una bottiglia di benzina su tutti e ha appiccato il fuoco con un accendino.
Non c’è certezza, però, su quello che è successo tra le 17 e le 18: verso le 16, Ena ha accompagnato la figlia dalla nonna paterna, in via Moro a Pescara. Una visita programmata visto che il 24 aprile scorso Neyda ha fatto il compleanno e nonna e nipote, a Pasqua, non si erano viste. La nonna è stata ascoltata dalla polizia e ha raccontato di aver incontrato non solo Ena e Neyde: in casa c’era anche Di Zio, ha detto. Così, da questo momento fino alle 17,50 circa, l’ora in cui la macchina è diventata un falò, c’è un buco: quello che è successo, come e perché la Peugeot 206 blu della donna sia arrivata fino alla zona delle fabbriche dismesse di Rancitelli, lo sa soltanto Ena. Ma lei adesso non può dire niente: è ricoverata, in condizioni gravi, al Centro grandi ustionati dell’ospedale Sant’Eugenio di Roma. La donna ha ustioni su quasi la metà del corpo, sul volto, sulle mani a dimostrazione del tentativo disperato di strappare la figlia dall’abbraccio mortale del padre, sulle gambe.
La vita di Ena, un’operaia tessile, è cambiata nel 2008 quando ha lasciato il primo marito. Quasi nello stesso periodo anche Gianfranco, un autotrasportatore, ha lasciato sua moglie dalla quale aveva avuto un figlio di 16 anni. Il dettaglio è che Ena e Gianfranco erano anche cognati: il marito di Ena era il fratello della ex moglie di Gianfranco. Sei anni fa è cominciata la convivenza a Cepagatti, in una casa di via Valignani in cui vivevano anche le tre figlie della donna. Una convivenza che si è rivelata sempre più difficile, prima per i dissidi familiari e poi per il comportamento di Di Zio: «Mi ha sempre imposto che Neyda non mantenesse alcun tipo di contatto con le sorelle tanto che», ha denunciato Ena ai carabinieri, «le stesse, quando lui è in casa, si rinchiudono nella loro cameretta e lo stesso avviene per Neyda quando le altre sorelle circolano per la casa. Addirittura non accetta che la bambina mangi con le sorelle e pretende che il suo cibo venga custodito e cucinato a parte». Dopo la denuncia, Ena e le figlie sono state ospitate in una comunità e sono tornate a casa un mese dopo, a maggio 2013, quando Di Zio, con un provvedimento del tribunale, è stato allontanato. Cinque mesi dopo, a ottobre, Di Zio è stato condannato per maltrattamenti, abuso dei mezzi di correzione e lesioni: da incensurato ha patteggiato la pena, sospesa, di un anno di reclusione. A seguire, il tribunale per i minorenni ha disposto gli incontri protetti tra padre e figlia. Un provvedimento che non è bastato a ridare alla famiglia la serenità perduta.
A Cepagatti la famiglia Pietrangelo è nota: il padre di Ena, Gino, è pensionato ma per una vita è stato guardiano alla Fater di Pescara; il fratello di Ena, Domenico, è titolare di una vetreria, Art & Vetro, in via Fontana vecchia.
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