Piano alluvioni, il Comune contesta i dati di partenza

3 Ottobre 2025

Depositato il ricorso al Tar per annullare l’aggiornamento: impedisce lo sviluppo. Gli ordini professionali richiedono la documentazione. Barba: «Territori fragili»

PESCARA. Mancano le informazioni sui dati che hanno portato allo studio da cui deriva la variante del Piano di salvaguardia alluvioni sul fiume Aterno - Pescara, approvato il 9 luglio scorso. Questo il presupposto condiviso dai presidenti dei vari ordini professionali, che ieri mattina hanno partecipato alla commissione Sviluppo e gestione del territorio, presieduta dal consigliere Andrea Salvati (Lega). La maggioranza guidata da Carlo Masci ha già presentato dieci osservazioni all’aggiornamento del Piano, deciso dall’Autorità di bacino per le Regioni Abruzzo, Marche, Umbria e Lazio.

«Senza una documentazione chiara non si può entrare nel merito», precisa Salvati. E intanto, il 25 settembre scorso il Comune ha presentato ricorso al Tar per l’annullamento del decreto del segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale e dunque contro l’aggiornamento al Piano di difesa alluvioni. «Un ricorso con cui principalmente ci battiamo sulla difficoltà a consultare la documentazione, di cui è stata privata anche la Regione», sottolinea il consigliere con delega al Supporto alle attività inerenti i processi di pianificazione territoriale complessa Marcello Antonelli. E così ogni ordine professionale avanzerà, nel frattempo, la richiesta sui dati mancanti. «Il paradosso di questo aggiornamento al Piano è che non possono essere portati avanti interventi migliorativi per il territorio», aggiunge Salvati. Stop, per esempio, alla realizzazione di attività di ristorazione nelle aree più vicine al fiume. In base alla variante del Piano, la pericolosità alluvionale della città di Pescara è aumentata passando al livello P4. In base a quali dati? Questa in sostanza la domanda posta dai componenti della maggioranza, preoccupati per «il mancato sviluppo del territorio». E i risvolti sono evidenti in una città in cui è in fase di realizzazione il progetto del Waterfront fluviale e ci sono degli interventi, in particolare, che rischiano di subire uno stop in aree come l’ex Cofa, dove c’è in ballo l’intesa con l’università D’Annunzio, e l’area di risulta. Il ricorso, secondo quanto sostengono Antonelli e Salvati, sarebbe sostenuto anche dagli amministratori dei comuni vicini. La pensa diversamente la consigliera Simona Barba (Avs - Radici in Comune), ieri assente in Commissione, ma pronta a ribadire, durante la seduta consiliare sul bilancio consolidato, quanto siano fragili i territori. «Si stanno percorrendo tutte le strade per cercare di bloccare le nuove disposizioni, ma non ci si sofferma per capire effettivamente che cosa ci stia dicendo l'Autorità di bacino. I cambiamenti climatici, con le conseguenze degli eventi meteo improvvisi ed eccezionali, possono portare ad alluvioni ed esondazioni che una volta non potevamo neanche immaginare», dice. «Il nostro territorio è sempre più fragile perché è sempre più cementificato. Eppure quando arriva un Piano di previsione, il primo pensiero va alle costruzioni e ai grandi progetti che in questo momento sono di fatto bloccati dalle norme attuative». Nei giorni scorsi Massimo Palladini, presidente di Italia Nostra, ha scritto al rettore dell’università Chieti - Pescara Liborio Stuppia, per chiedere di preservare l’area dell’ex Cofa, seguendo un percorso al contrario rispetto a quello tracciato dall’amministrazione: «Aggiornare la pianificazione comunale alle nuove indicazioni di pericolo, per evitare esondazioni e i rischi derivanti da eventi atmosferici più o meno eccezionali».