Può salvarlo la perizia psichiatrica

20 Gennaio 2013

La difesa non intende chiederla, ma il rischio è una condanna a 15 anni di carcere

PESCARA. Il filo invisibile che lega i tre raid messi a segni dal bombarolo in 10 giorni è pilotato, per il maggiore “peso” giudiziario che esso ricopre, dal primo episodio, legato al rogo dell’auto dei vicini di casa nella villetta di Villanova di Cepagatti. L’ordigno realizzato da Roberto Di Santo collegando tra loro due bombole per saturare l’ambiente, erano idonee a far saltare l’edificio dove abita una coppia con un bambino: tre persone in tutto, il numero base per far scattare il reato di strage e configurare una reclusione, codice alla mano, non inferiore ai 15 anni.

Il minimo della pena per questo tipo di reato, considerando che la bomba non è esplosa e che nessuno si è fatto male (in caso di morte anche di una sola persona, è previsto l’ergastolo). I danneggiamento provocati nei due blitz successivi davanti al tribunale di Chieti e nella casa famiglia abbandonata di Madonna degli Angeli sono, per la legge, assorbiti dal reato maggiore e legati a quest’ultimo dal vincolo della continuazione. Il 58enne di Roccamontepiano ha già subito condanne in passato ed è molto difficile, per il momento, che ottenga misure meno afflittive del carcere, considerata la pericolosità sociale e il rischio di reiterazione dei reati, alla luce delle motivazioni che Di Santo difende con forza. Una strada per ottenere lo sconto di pena potrebbe passare attraverso una perizia psichiatrica, eventualmente limitata all’arco di tempo in cui si sono svolti i fatti. Ma è una carta che la difesa ha annunciato ieri di non volersi giocare.

Il futuro che si profila di fronte a Di Santo porta dritto a un’aula di Corte d’Assise, o in alternativa davanti a un gup per un abbreviato che potrebbe non contemplare alcun tipo di clemenza.

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