Quando Bellini chiese pietà

13 Gennaio 2011

Il consulente scrisse a una vittima: «Ti ridarò i soldi»

PESCARA. «Caro Tonino, colgo l'occasione per garantirti ancora una volta il mio impegno a soddisfare quanto da me promesso (...). Lavorando posso guadagnare, chiedere prestiti e quindi mi sarà permesso di restituirti quanto a te dovuto».

E' l'incipit della lettera che Giacomo Bellini, il falso commercialista di 44 anni, inviò il 30 agosto 2004 al suo cliente, al signor Antonio Di Sante, l'imprenditore truffato per 357 mila euro dal consulente fiscale. Sette anni fa, Bellini, in una lettera di 40 righe, concluse: «Spero nella tua ultima pietà». Erano quelli gli anni in cui, l'imprenditore che aveva un'attività a Città Sant'Angelo, in seguito trasferita a Elice, aveva appena scoperto, grazie alla meticolosa ricostruzione del suo nuovo commercialista, Sergio Spinelli, di aver un gigantesco buco di oltre 300 mila euro. Tasse, imposte, Iva, Irap, Inail, Inps, i contributi per i suoi dipendenti pagati, a partire dal 1995, tramite assegni al finto commercialista, ma mai versati da Bellini.

Un sistema andato avanti fino al 2004, quando Di Sante inizia a ricevere le cartelle esattoriali e gli avvisi di pagamento e, casualmente, in seguito al suggerimento di un amico, si rivolge a un altro commercialista, appunto Spinelli. Quello è l'anno in cui inizia il calvario per Di Sante che, oggi, si ritrova con due case pignorate. Il nuovo commercialista Spinelli va all'agenzia delle entrate, esegue accertamenti in vari enti, ricostruisce l'iter della truffa e sostiene Di Sante nella denuncia che costerà una condanna al falso commercialista per appropriazione indebita.

«Sono cartelle pazze»: così Bellini aveva cercato inizialmente di rassicurare il titolare di un'azienda artigiana che iniziava a ricevere le cartelle esattoriali. Un rapporto di fiducia che, però, iniziava a incrinarsi e alle continue richieste di Di Sante sul destino di quei pagamenti, Bellini rispose anche producendo tanti F24 falsi, di vari importi e, secondo il commercialista Spinelli, con timbri falsi. Un imbroglio venuto a galla in quella lettera-ammissione che Bellini, disperato e accennando anche al suicidio, decide di scrivere per chiedere scusa: «Mi sto organizzando per trovare il denaro, ma questo richiede tempo. Tempo che solo tu puoi concedermi (...). Tu sei buono, diamo insieme un calcio a questa maledetta situazione». Oggi, Di Sante, a causa di quell'imbroglio, è in gravi difficoltà economiche perché deve ancora versare 220 mila euro tra imposte erariali, tributi locali e contributi previdenziali.

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