Sala Aternum quando la storia diventa ufficio

 PESCARA. Addì 12 marzo 1863. Le pagine del registro sono di carta grossa ingiallita dal tempo, l'inchiostro è nero, la grafia svela una mano rapida e decisa. Gabriele figlio di Luisa De Benedictis e Francesco D'Annunzio, professione proprietario, c'è scritto. Il registro delle nascite è uno dei preziosi documenti in evidenza nella Sala Aternum, scrigno di tesori storici incastonato nella torre civica del comune. Quella che per decenni è stata la stanza delle vergogne, con muri scrostrati, vetri rotti e roba accatastata in una nube di polvere, è da qualche tempo l'ufficio di Licio Di Biase, il presidente del consiglio comunale.  Sala Aternum. Ma potrebbe anche essere museo Aternum perché custodisce documenti unici, stampe, quadri, bottiglie, sculture e oggetti vari intrisi di pescaresità. Li ha cercati e trovati Di Biase, politico di lungo corso, scrittore e storico appassionato. Molto fa parte della sua collezione privata ed è lì con la formula del comodato d'uso gratuito. «In questa biblioteca ci sono decine e decine di testi giuridici dell'800 che stavano per diventare cibo per topi», racconta il presidente del consiglio. «Ringrazio Roberto Torricella dell'Archivio storico».  Gabriele D'Annunzio nacque precisamente 148 anni fa a Pescara. Fu grazie alla spinta del Vate della patria che nel 1927 venne sancita la fusione di Pescara con Castellammare Adriatico e la costituzione della provincia. Castellammare con due emme e non con una. «Nel 1806 ci fu la costituzione dei due comuni autonomi, uno a nord e uno a sud del fiume. Il decreto, di cui siamo in possesso, è chiarissimo: Castellammare», aggiunge Di Biase. «I paesani, probabilmente per influenza dialettale, preferirono soprattutto la versione senza la doppia. All'inizio del '900, per porre fine alla confusione, si scomodò il ministero dell'Agricoltura che, con una circolare, ribadì il nome Castellammare».  Nella parete principale della sala Aternum c'è il primo piano regolatore dell'ampliamento della città destinata a perdere del tutto il nome e beneficio di Pescara. E' datato 1882 e andrebbe restaurato. Porta la firma del sindaco Leopoldo Muzii. Quante emme? Una, manco a dirlo. I castellamaresi (con una emme, s'intende) erano tipi testardi.  Un uomo e una donna anziani, venuti fuori dalla maestria di un pennello, raccontano un'epoca andata. Sono i genitori di Vicentino Michetti, così come lui li ha dipinti e consegnati ai posteri. Dal 14 maggio 2010, l'opera è nella sala Aternum, su richiesta di Di Biase, dopo aver fatto bella mostra di sè al museo Vittoria Colonna.  In quella Sala non potevano mancare, e non mancano, opere dei Cascella. Ci sono un olio su tela di Tommaso Cascella, "Barche sul mare"; un olio su cartone di Michele Cascella, "Dopo il bagno"; e una scultura in gesso di Pietro Cascella, "Ai caduti del mare". Di Biase li ha ottenuti con la clausola del trasferimento temponaneo.  La storia viene raccontata anche dalle stampe. Ognuna è figlia dei suoi tempi. Ce n'è una che oggi scatenerebbe l'indignazione popolare. Il Comune, in data 27 maggio 1924, intimò l'abbattimento di tutti gli animali morsi da un cane randagio affetto da idrofobia. A fianco, e non è una scelta casuale, è posizionato il bando di ricerca di un accalappiacani.  Una colonnina di vetro custodisce bottiglie d'epoca del liquore pescarese per antonomasia, l'Aurum. «Era gettata in un locale», ricorda Di Biase. «Ne ho fatto richiesta ed eccola qui. Mi sono preso la briga di posizionarci anche alcune scatole di Parrozzo perché il cibo contribuisce a caratterizzare un luogo».  La Pescara agropastorale e quella marinara si raccontano, con oggetti di fascino, in quattro teche di vetro. Non poteva mancare il modellino di una vongolara.  Il pittore Luigi Baldacci ha fatto la sua parte per arricchire la collezione consegnando, in comodato d'uso, i bozzetti dei quadri che dominano la sala consiliare. "Rito ad Aternum", "San Cetteo" e le altre opere sono vicino alla porta.

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