Stefano D’Anteo morto dopo essere stato colpito da un masso, sequestrata l’area

Da accertare le cause del decesso del free climber 35enne, che era appena risceso e si stava cambiando le scarpe alla base per tornare a casa. Salvi due amici
ROCCAMORICE. Il masso si è staccato dalla parete rocciosa che Stefano D’Anteo aveva scalato e dalla quale era appena risceso. Lungo la falesia si è frantumato in tante pietre e una di queste lo ha colpito alla testa senza dargli chance. Salvi, invece, per un soffio gli amici che erano con lui. Due sono rimasti feriti in modo lieve (hanno riportato contusioni), anche loro colpiti dalla “pioggia di pietre” e detriti; un terzo pare sia riuscito ad evitarla ed è rimasto, anche lui, sotto choc. Poi il silenzio. Quella che doveva essere una mattinata serena, trascorsa all’aria aperta, si è trasformata in tragedia.
Stefano aveva 35 anni, abitava a Montesilvano, ex allievo dell’Istituto tecnico Alessandrini, ed era soprattutto un appassionato free climber. Uno di quelli che troviamo nelle foto appesi a pareti verticali impossibili e che con sola forza di braccia e gambe riescono a superare la gravità. Una passione che lo portava in giro per le vette a picco d’Italia. E qui a Roccamorice era di casa, questo era il posto da lui preferito dove venire ad allenarsi a pochi minuti da casa .
È avvenuta sulla parete dell'Orso, nella zona di Macchie di Coco, lungo la via che conduce all'eremo di Santo Spirito. Un colpo fatale alla tempia probabilmente nel primo pomeriggio di ieri, giorno di Ognissanti. Il giovane scalatore, che amava le sfide e l'adrenalina a mille, è morto in quel luogo di pace mentre praticava lo sport che tanto amava. La dinamica è stata ricostruita grazie al racconto fornito dagli amici che erano con Stefano: loro salvi per miracolo, lui, invece, colpito da una delle pietre in cui quel masso si è sbriciolato e che si è staccato dalla falesia che aveva appena finito di scalare. Non è ben chiaro da quale altezza il masso si sia staccato. Di certo Stefano non lo ha visto né sentito venire giù. E non ha fatto quindi in tempo a scansarsi.
I chiodi puntati su una delle centinaia di “vie” aperte da altri scalatori che frequentano quell'area dagli anni '80. Stefano lì era arrivato nella mattinata con un gruppo di altri appassionati impegnati nell'arrampicata sportiva. Una sorta di rituale per i free climber, un appuntamento diffuso nei giorni festivi. Choc e paura per chi era presente in quei terribili momenti.
I soccorsi. Sono scattati immediatamente. Sul posto sono arrivati i vigili del fuoco di Pescara, prima con una squadra di Alanno, poi con il nucleo elicotteri e una squadra del Saf da Pescara. Intervenuti i carabinieri, quattro ambulanze del 118, gli operatori dell'elisoccorso del 118 di Pescara, con a bordo il tecnico del Cnsas Abruzzo (soccorso alpino e speleologico) e l'équipe medica, scesi in quota per circa una sessantina di metri agganciati al verricello. Così i soccorritori sono riusciti a raggiungere il luogo dell'incidente dove lo scalatore si trovava ormai privo di vita. I medici non hanno potuto fare altro che constatare la morte del 35enne. Lui che aveva già affrontato quella parete, a giudicare dalle immagini postate sui social, così come le altre di Prati di Tivo, Arsita, il Gran Sasso, Montebello di Bertona, e in giro per l'Italia.
Il masso, che non si sa bene da quale direzione sia partito dall'alto della roccia, si è spaccato lungo la sua discesa. Stefano D’Anteo pare che avesse già affrontato salite e discese prima di fermarsi un attimo ad allacciarsi i lacci delle scarpe. Un pit stop fatale. Pietre e sassi lo hanno travolto proprio in quegli attimi in cui lui era indifeso, mentre altri detriti hanno raggiunto altri due scalatori presenti nelle vicinanze. Quando i soccorritori sono arrivati Stefano aveva ancora l’imbracatura addosso a dimostrazione di come in quel momento in cui è stato colpito, si stesse forse cambiando per tornare a casa dopo la giornata, l’ennesima, di divertimento. Agli altri due scalatori sarebbero state riscontrate solo lievi contusioni.
Il sindaco Alessandro D'Ascanio ha raggiunto le squadre sul posto da cui non si è mai allontanato durante le ore febbrili del ritrovamento del corpo del giovane. Scosso e provato dalla vicenda, il sindaco ha proferito solo poche parole per dire «devo capire bene la dinamica dell'accaduto e resto in attesa dell'esito delle indagini». Adesso rimangono gli interrogativi su come sia potuta succedere una disgrazia del genere. Secondo esperti scalatori il distacco dei massi dalle pareti rocciose possono essere conseguenze dei cambiamenti climatici che contribuirebbero a lesionare la roccia, causandone il cedimento. Un’ipotesi. Nel frattempo l’area è stata posta sotto sequestro dalla Procura per motivi di indagini e di sicurezza.
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