Un anno fa veniva ucciso Christopher, il 16enne pescarese. La nonna Olga: «Perdonare è impossibile»

Il 23 giugno 2024 l’orribile delitto a Pescara: Crox ammazzato in un parco con 25 coltellate da due coetanei. Parla nonna Olga
PESCARA Christopher, 16 anni, ucciso con 25 coltellate da due coetanei per un debito di 70 euro. Succedeva il 23 giugno di un anno fa a Pescara, nel parco Baden Powell a due passi dal centro, dove si affacciano i palazzi residenziali di via Raffaello a poche decine di metri dalla stazione. Ad ammazzare quel ragazzino che aveva imparato da subito a destreggiarsi tra i dolori e le difficoltà della vita, due ragazzi “perbene”. Due coetanei che al contrario di Christopher Thomas Luciani, cresciuto dall’amore della nonna ma con la mamma lontana e un padre mai conosciuto, una famiglia ce l’avevano. Uno, padre impiegato e mamma avvocato; l’altro, padre carabiniere e madre architetto.
È tutto questo che un anno fa ha mandato in cortocircuito mezza Italia, mentreo uscivano i dettagli ricostruiti dalla squadra Mobile dopo quella lunga notte di interrogatori avviata dal padre (anche lui carabiniere) del testimone che la sera aveva dato l’allarme. In Questura, fino all’alba, quella notte hanno sfilato tutti i ragazzini che avevano partecipato all’agguato a Christopher il pomeriggio prima. Sei in tutto, compresi testimone, assassino e complice. Tutti minorenni. Tutti presenti in quel parco e tutti consapevoli, mentre poi se ne andavano al mare, che Christopher era stato ucciso.
A marzo scorso l’assassino e il complice sono stati condannati con il rito abbreviato: uno a 19 anni, 4 mesi e 10 giorni e l’altro a 16 anni per omicidio aggravato dalla crudeltà e dai futili motivi, perché gli hanno dato 25 coltellate e poi lo hanno preso a calci, gli hanno sputato e lo hanno deriso mentre quasi non respirava più. E tutto per “una questione di rispetto”. Per i 70 euro che il ragazzo aveva ricevuto il sabato prima dall’amico per andargli a comprare l’hashish e che poi non gli aveva riportato, intascando quei soldi.
Parte da questo affronto la follia di cui domani ricorre il primo anniversario e che il presidente del Tribunale per i minorenni dell’Aquila, Cecilia Angrisano ha ripercorso nelle 28 pagine di motivazioni uscite solo qualche settimana fa, e in cui descrive Christopher come un ragazzino «privo di tutte le condizioni favorevoli mai mancate ai suoi assassini». Un elemento in più che alimenta il fallimento etico e morale di una società che da un anno, per Christopher, cerca di correre ai ripari, tra iniziative, progetti e incontri di cui il prefetto per primo si è fatto promotore.
Ma il fatto resta e dopo un anno si fa ancora fatica a sentirlo raccontare: un ragazzo di 16 anni ucciso da due coetanei con 25 coltellate una domenica pomeriggio, prima di andarsene al mare. A ricostruire la cronaca di quell’omicidio, c’è la confessione che il complice dell’assassino ha fatto a settembre scorso davanti al procuratore David Mancini e al sostituto Angela D’Egidio. Il ragazzo racconta che la caccia a Christopher era iniziata dal pomeriggio prima, al mare, dopo che Christopher non solo non era tornato con l’hashish richiesto dall’amico, ma aveva fatto perdere le sue tracce, non avendo neanche il telefonino. Il suo creditore, che non lo sa, gli fa 46 chiamate in due ore e mezza fino a sbottare con gli altri: «Domani portate qualcosa per farlo spaventare». E poi, rivolgendosi a quello che diventerà il complice: «Domani porta il coltello e la pistola e ci vediamo tutti insieme e ci parliamo». E così succede. Alle 15.30 della domenica si ritrovano tutti alla stazione, dove il creditore ha dato appuntamento a Christopher dopo essere riuscito a rintracciarlo via Instagram. Tutti sanno che devono dargli una lezione, con il capobranco che non smette di imprecare «mo questo qua che lo vedo, se non mi da i soldi lo spacco, gli meno gli faccio male». Fino a quando lo vede. Christopher è con un amico, è lì davanti alla stazione perché sta cercando di raggranellare i soldi per il treno: la vacanza è finita, vuole tornare in comunità a Campobasso da dove si era allontatato due giorni prima per rivedere gli amici. Il suo assassino lo saluta, se lo prende a braccetto, gli dice pure “ti ricordi prima che facevamo, eravamo grandi amici”. Parlano dei soldi, Christopher dice che sta aspettando un amico che glieli porti, ma non arriva nessuno. Sale la tensione, qualcuno lo spintona, Christopher tiene il punto. E continua anche quando, scortato da tutto il gruppetto, entra nel parco. Lui davanti, il suo assassino dietro, lo documentano le telecamere. Christopher non vede e non sente che quello, intanto, si fa dare il coltello dal complice. E lo accoltella alle spalle. È l’inizio della mattanza a cui assiste il testimone e a cui partecipa il complice che al procuratore dirà: «L’ho fatto solo perché avevo paura di (...)». Poi tutti al mare, a buttare in acqua il coltello da sub mai ritrovato. Un anno fa.
------------------------------------------------------------------------------------------------------------
NONNA OLGA: IMPOSSIBILE PERDONARE
PESCARA. Un anno dopo l’omicidio di Christopher, l’appuntamento per ricordarlo è lì dove è stato ucciso il 23 giugno 2024, nel parco Baden Powell di via Raffaello, alle 18. Più o meno alla stessa ora in cui il 16enne di Rosciano è morto dopo le 25 coltellate sferrate da due coetanei. Una scelta piena di significati per nonna Olga Cipriano che nella locandina della commemorazione di domani, organizzata con l’associazione che porta il nome del nipote, ha fatto scrivere: “Onoriamo la vita di Christopher. Un ricordo che non svanisce, una luce che resta”.
Signora Olga, con che spirito torna domani in quel parco nel giorno del primo anniversario?
«È sempre peggio, tornando lì prendi ancora più coscienza che lui non c’è più. Ma ho voluto fare la commemorazione dove è stato ucciso per due motivi. Intanto per dare modo ai ragazzi che lo conoscevano di partecipare, perché magari non avrebbero avuto i mezzi per venire se avessimo fatto una messa dove abitiamo, a Rosciano. E poi perché qui, dove è mancato, è come se ci fosse ancora una parte di lui. Anche l’orario, più o meno è lo stesso. Ma non voglio che sia una semplice commemorazione».
Cioé?
Ci spieghi. «Christopher va ricordato, sempre. Ma soprattutto dobbiamo ricordare il suo messaggio. Tornare nel parco dove è stato ucciso è un modo ancora più incisivo per ricordare ai ragazzi quanto è importante la vita, che è un dono prezioso. Devono capire che nessuno ha il diritto di togliere la vita, al di là di qualsiasi motivo. Io mi auguro che ricordando quello che è successo in quel parco, vicino a dove è stato ucciso mio nipote, davanti al buco della rete da dove si entrava, i ragazzi si possano rendere conto ancora meglio di quello che è successo un anno fa e rendere così ancora più intenso e significativo questo momento».
Come si svolgerà?
«Ci sarà il parroco della chiesa vicino al parco per una riflessione con i ragazzi. Sarà un momento di raccoglimento, di preghiera, poi i palloncini, con la foto di Christopher su un cartellone dove chi vorrà potrà lasciare un messaggio. E naturalmente parlerò anche io ai ragazzi, a tu per tu come sempre».
Prima della terribile notizia, un anno fa, l’avevano avvisata che si era allontanato dalla comunità?
«Sì, il venerdì mi ha avvisato subito la responsabile. Poi purtroppo in piena notte, la domenica, la notizia tragica. Ma lui si era solo allontanato, non era scappato dalla comunità, era intenzionato a tornare, i valori che gli avevo trasmesso li aveva tirati fuori. È quello che cerco di dire oggi ai ragazzi, senza il punto di riferimento della famiglia diventa tutto più complicato, soprattutto durante l’adolescenza quando i ragazzi non si sentono né carne né pesce e sono in balia di quello che gli succede intorno. Ma se sono seguiti, protetti, non corrono pericoli».
Quando vi siete sentiti l’ultima volta?
«Il mercoledì, il 19 giugno, la telefonata settimanale».
E come andò?
«Abbiamo parlato del più e del meno, di come andava a scuola, del corso da parrucchiere che gli piaceva. Christopher era un ragazzo come tanti, non era speciale, ma era un bravo ragazzo».
Signora, c’è una domanda che devo farle di nuovo: è passato un anno, pensa che riuscirà mai a perdonare chi ha ammazzato Christopher?
«Mi chiede una cosa impossibile. Come faccio a perdonare? Come ho già detto in tante interviste non li perdonerò mai, perché hanno fatto una cosa atroce. Ma non li colpevolizzo più di tanto, perché sono vuoti come tutti i ragazzi di oggi, per questo vado nelle scuole. Se si fossero resi conto dell’atrocità di quello che facevano non l’avrebbero fatto, ma sono dei robot come tutti gli altri e il perdono non ci sarà mai. Questo l’ho detto dal primo giorno, non posso perdonare. Dio perdonerà, io no, non posso. Hanno fatto una cosa troppo brutta, mi hanno tolto un figlio, non un nipote, Christopher era un figlio per me, il perdono non esiste. Però nel mio cuore non c’è odio né rancore, non ci son stati e mai ci saranno perché non sono io a giudicare. Dio li giudicherà al momento opportuno e saprà cosa fare. Io qui sulla terra non posso perdonare. Mi dispiace». (s.d.l.)