Vasto, nel cellulare di Italo la chiave dell’omicidio

D’Elisa colpito a morte da Di Lello mentre parla al telefonino. C’è quindi un testimone che sa. E c’è una telecamera che ha ripreso tutto

VASTO. Attaccato alla vita fino alla fine. Quel cellulare ancora stretto nella mano destra di un ragazzo colpito a morte diventa una immagine simbolo. C’è una telecamera che riprende il delitto di Vasto. Quattro colpi esplosi per vendetta da un marito che non riesce ad accettare il lutto. Tre raggiungono la vittima. Uno, quello mortale, la trafigge al collo. Fabio Di Lello, 33 anni, aspetta al varco Italo D’Elisa, di 22. Ma non sa che una telecamera riprende la scena. Italo parla al cellulare mentre l’altro lo affronta, gli dice qualcosa, torna in macchina, afferra la pistola calibro 9 e preme il grilletto quattro volte. Italo cade a terra, rannicchiato sul fianco destro. E in mano ha ancora quel cellulare che ha raccolto il suo ultimo respiro di vita. Vasto è sconvolta.

leggi anche: Vasto, ha ucciso l'investitore della moglie dopo aver pranzato davanti alla lapide di lei Dopo il delitto di viale Perth Di Lello è tornato al cimitero. Ieri aveva pranzato davanti alla lapide della giovane morta sette mesi prima. L'avvocato dell'assassino: «Fabio era sotto shock, D'Elisa non si è mai pentito di aver ucciso Roberta». Il dolore di Roccavivara, il paese di cui era originario il ventiduenne

La colpa di Italo è stata quella di avere ucciso, il primo luglio, travolgendola con l’auto, Roberta Smargiassi, la donna che Fabio amava alla follia. La mano di Fabio si arma. L’amore diventa odio. Attende sette mesi per vendicarsi. E a scatenare la furia omicida probabilmente sono state le ultime parole di Italo. L’incontro fra i due è durato pochi secondi. Le immagini sono state catturate dalle telecamere di una sala giochi. Raccontano ai carabinieri l’omicidio e i minuti che lo hanno preceduto. I fotogrammi mostrano Fabio che arriva a piedi davanti al bar in cui è già entrato Italo. Poi il colloquio ed i colpi ad una gamba, all’addome e l’ultimo al collo. D’Elisa muore in pochi secondi. Il cellulare che il giovane stringe ancora in mano quando Di Lello si allontana ora è sotto sequestro. La persona con cui Italo parlava ha sentito le parole pronunciate da Di Lello prima di sparare. Compresa la frase che ha scatenato il delitto e il castigo. Fabio Di Lello è poi tornato al cimitero dalla sua Roberta. Ma il destino ha voluto che a raccogliere la sua confessione e a tranquillizzarlo portandolo in caserma a piedi e con una mano sulla spalla fosse un padre che ha vissuto la stessa tragedia, il maresciallo Antonio Castrignanò. Il sottufficiale ha trovato Di Lello vicino alla lapide della moglie dove ogni giorno passava delle ore. Dopo aver baciato la foto di Roberta ha gettato la pistola su una tomba vuota a pochi metri di distanza e si è avviato verso l’uscita. Ha incrociato due persone: il padre di Andrea Marinelli (il giovane morto nello stesso incidente stradale in cui ha perso la vita Domenico Castrignanò) e il suocero. Si è avvicinato ed ha sussurrato: «Ho fatto una fesseria». L’uomo ha compreso subito perché Fabio aveva espresso più volte il suo desiderio di giustizia. Ed ha chiamato i carabinieri.

leggi anche: Il vescovo: «E’ colpa della giustizia lenta». Il pm: «Non è vero» Le parole di monsignor Forte innescano la reazione della procura. E l’avvocato dell’omicida accusa la vittima di averlo provocato

Poco dopo sul posto è arrivata una pattuglia. Il maresciallo Castrignanò è sceso dall’auto, è entrato al cimitero, ha visto Di Lello e gli ha detto ricordando la morte del figlio Domenico: «... so cosa provi». Fabio Di Lello ha mostrato al militare la tomba vuota in cui aveva gettato la pistola e si è lasciato portare da Castrignanò in caserma a piedi. «Durante il tragitto ha confessato quello che aveva fatto», dice Castrignanò. La mano del sottufficiale sulla spalla. Un gesto che ha tranquillizzato il panificatore. Al contrario di chi attraverso internet lo aizzava da mesi. «Italo aveva paura. Ancora di più perché la settimana scorsa il padre aveva subìto un atto vandalico all’auto», dice lo zio della vittima, Alessandro D’Elisa. Un profilo facebook in particolare è all’attenzione della magistratura. In queste ore la Procura sta verificando se l’omicidio fosse stato premeditato. Il possesso della pistola in auto indicherebbe un progetto omicida. Così pure il fatto che Di Lello conoscesse così bene le abitudini della vittima, al punto da aspettarla davanti al bar che lui frequentava. Ma i suoi avvocati, Pierpaolo Andreoni e Giovanni Cerella, negano la premeditazione. «Aveva un regolare porto d’armi per attività sportive. Non aveva con sè la pistola con l’intenzione di uccidere», dicono. Oggi perizie e interrogatori chiariranno molti particolari. Alle 7,30 il medico legale, Pietro Falco, comincerà l’autopsia all’obitorio di Chieti. Alle 9,30 l’avvocato Andreoni andrà in carcere da Fabio Di Lello.

L’interrogatorio del magistrato all’imputato è slittato a domani mattina, nel carcere di Torre Sinello in contrada Salotto. Sarà l’ora della verità.

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