Simone Fontecchio con la mamma Malì, il nonno Vittorio, il fratello Luca e il papà Daniele

BASKET

Fontecchio: «Adoro Lebron. Al mio 2023 chiedo di restare agli Utah Jazz»

Dopo l’anno della consacrazione l’ala racconta lo sbarco a Salt Lake City: «La svolta della mia carriera nel 2020 quando sono andato in Germania»

PESCARA. Il 2023 sarà l’anno della conferma per Simone Fontecchio. Che si è goduto un anno da leccarsi i baffi. Dall’Eurolega alla Nba, dalla Spagna agli Stati Uniti. Gli è cambiata la vita. In meglio. Ora gioca negli Utah Jazz, nell’università del basket. A pieno titolo. Anzi, più si va avanti e più guadagna minutaggio e considerazione.

Si è messo alle spalle un anno indimenticabile, quello che lo ha eletto a sportivo abruzzese del 2022. Esponenziale la sua crescita durante l’anno solare. Prima la scelta degli Utah Jazz, poi gli Europei con la nazionale vissuti da protagonista e infine l’approccio con la Nba. Un po’ alla volta si sta facendo valere. Serio, efficace e puntiglioso. Un professionista con i fiocchi.

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Il 2023 sarà l’anno della consacrazione con una vetrina che lo stuzzica: i Mondiali con la maglia dell’Italia. È diventato un punto di riferimento della Nazionale di Giammarco Pozzecco. E dire che per essere considerato dentro i confini nazionali è dovuto andare a giocare all’estero. Era l’estate del 2020 quando ha deciso di prendere famiglia (moglie e figlia) e andare in Germania, a Berlino. Per fare l’Eurolega. Per testarsi dopo alcune delusioni professionali. Lo scarso minutaggio concessogli da Ettore Messina all’Olimpia Milano lo ha segnato.

Ma ha avuto forza e carattere per reagire e cercarsi una seconda chance. Da qui prima la scelta di Berlino, poi in Spagna, con il Baskonia, fino ad arrivare all’estate scorsa quando un bel giorno ha comunicato la scelta di trasferirsi negli States alla mamma, Malì Pomilio, una leggenda della pallacanestro femminile. E lei stava quasi per svenire dalla gioia. Accordo biennale. A 27 anni è un uomo a tutti gli effetti e dell’ala pescarese colpisce la diligenza e l’applicazione. Oltre che al talento, ovviamente.

In questi anni mai una parola sopra le righe, sempre professionale e tenace nell’inseguire quella gloria cestistica che ha nel Dna. Dal nonno materno Vittorio Pomilio, tra i big negli anni Sessanta, passando per la mamma Malì Pomilio. A Salt Lake City si è ambientato bene. Con lui ci sono moglie e figlia. Ogni tanto riceve la visita dei genitori. Ha raggiunto un livello di maturazione personale che gli permette di dedicarsi anima e corpo alla pallacanestro. E di misurarsi con i più bravi nell’università del basket. E tra un allenamento e l’altro eccolo rispondere alle domande de il Centro.

Fontecchio, che cosa si aspetta dal 2023 dopo un 2022 fantastico? «La salute per la mia famiglia».

Come si trova negli Usa? «Bene, è un po’ diverso, ma stiamo bene».

Che cosa l’ha colpita al di là del mondo del basket? «Cultura diversa, la gentilezza delle persone».

Della Nba e del basket americano che cosa l’ha impressionato di più? «Atletismo».

Qual è il giocatore che ammira di più e perché? «Lebron James perché è il più forte di tutti i tempi».

Farà i campionati Mondiali con l’Italia? «Si, sarò a disposizione».

In che cosa si sente migliorato grazie all’esperienza della Nba? «La velocità».

Ripensando al passato, qual è stata la svolta della carriera? «Andare all’estero, a giocare a Berlino».

Che cosa le manca dell’Abruzzo? «Il cibo e la famiglia».

Si sta specializzando in stoppate? Alcuni suoi gesti atletici spettacolari sono stati particolarmente apprezzati negli Usa e in Italia. «Cerco di fare il massimo ogni volta che vado in campo, partire dalla difesa e dalle stoppate aiuta».

Volendo descrivere Salt Lake City… «Bellissimo posto con paesaggi stupendi dove le persone sono estremamente gentil. Il basket è molto sentito essendo i Jazz l’unica squadra professionistica della città. Spero di restarci a lungo».

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