Editoriale

«Pescara calcio, tutti uniti per inseguire la gloria», l’editoriale di Luca Telese

28 Maggio 2025

Così il nostro direttore sul momento magico dei biancazzurri

Se fossimo in Brasile, e la penna che vi racconta la storia fosse quella di Osvaldo Soriano, diremmo semplicemente, cantando al ritmo epico e struggente della Bossa Nova: è stato un anno di Futból Bailado. Un respiro e un sospiro, un segno della croce e una Óla. 

Se fossimo nell’accademia postmoderna di Coverciano, magari davanti ad una lavagna con un gessetto e ad un tavolo con un computer, diremmo, più tecnicamente: il Pescara di quest’anno è l’ultimo frutto - spettacolare e fastoso - di una luminosa eredità post-zemaniana. Ma siccome scrivo da una redazione in cui si cucina nella mensa del giorno (con gli ingredienti del tempo contemporaneo e senza fare bella calligrafia) l’unica possibile sintesi di questa stagione calcistica più pazza del mondo, è che siamo arrivati fino a qui, come spettatori incantati, davanti al grande tripudio del Baldinismo in purezza. 

Silvio Baldini è un uomo di filosofia e di prassi, alimenta il suo immaginario di boschi popolati di folletti e di battaglie epiche nel cuore del rettangolo verde, ha mani solide da boscaiolo e testa sulfurea da filosofo autodidatta: gli storici di domani, forse, ci diranno che il suo Pescara di questa stagione è stato una squadra-capolavoro. Questo giudizio, ovviamente, dipende anche da cosa accadrà nell’ultimo miglio, da tre partite che lo separano dall’albo degli eroi. Ha detto una volta Antonio Conte, con una punta di ferocia semplificatoria: “Sull’almanacco ci finiscono solo quelli che vincono”. 

Ecco perché, questa sera, giunti alla vigilia di una possibile finale, nel mezzo di questa traversata del deserto, si possono dire alcune importantissime cose. 

1) Comunque vada il Delfino è in corsa per la serie B: non era scontato, non era previsto da nessuno. Questo è il primo miracolo di Baldini, di Daniele Sebastiani e di Pasquale Foggia: ovvero il papà, la mamma e lo zio di questa squadra folle e picaresca.

2) Secondo: la grandezza degli uomini, e delle squadre, si misura nel tempo della crisi, non nella stagione delle vacche grasse: dopo la prima inebriante parte del campionato, dopo mesi di primato in testa alla classifica, il sodalizio tra la società e il mister ha retto ad ogni tempesta, anche nei momenti di dissenso: la stima e la fiducia reciproca non sono venuti mai meno.

3) Nel pieno della crisi, nelle ultime battute del campionato - adesso è chiaro a tutti - Baldini ha compiuto un ultimo miracolo: ha riformattato la squadra in corsa, come un tecnico che cambia le ruote ai box del pit stop, e l’ha tarata sulla tempistica più lunga del play off. È vero, per compiere questa delicatissima operazione il mister ha sacrificato qualche lampo di luce nel finale di campionato: ma nei play off ha potuto esibire la forma smagliante che gli altri non avevano. Avversari (anche di rango) sono arrivati logori, e con la lingua di fuori. Mentre la banda dei pirati baldiniani ha visto tutti presenti all’appello: l’estro ritornante di Merola, la solidità materica di Tonin, le staffilate di Meazzi, la potenza di tutti, a turno, nel momento del bisogno. 

4) Si sono dimostrate vere le due certezze che Sebastiani - su questo giornale - aveva temerariamente esibito (è sempre facile parlare dopo, difficilissimo farlo prima) all’inizio dei play off: “Siamo in una forma fisica smagliante, e abbiamo la panchina più lunga”.

5) Lo schianto del Cerignola, nella partita di andata (in casa) non è la debacle di un solo avversario, è la conferma matematica di tutto quello che abbiamo detto fino ad ora. 

6) In redazione chi scrive (e la sua meravigliosa squadra di penne), hanno accompagnato questa rincorsa con la consapevolezza che questo viaggio non era (solo) una squadra di calcio. Era un grande racconto italiano. Abbiamo avuto nella mente, per un lungo anno, le parole con cui Silvio Baldini si era presentato a noi, retrodatando la sua passione calcistica al certificato anagrafico: “Sono nato sulla linea Gotica nel 1958, con due nonni che non si parlavano mai, perché nel 1945, sue due formati opposti, si erano sparati”. E siccome credo alle storie e agli uomini, posso dire che anche nelle giornate più buie, né io, né nessuno dei miei colleghi ha mai dubitato che la caratura dell’uomo, e della sua squadra, avrebbero resistito alla tempesta. Nel calcio terribile, bellissimo, feroce e straziato di oggi, si arriva alla gloria solo percorrendo due strade: la religione dei soldi, o quella del talento. Stasera speriamo che il Pescara pianti un altro chiodo nell’Almanacco del calcio italiano. E non avendo le risorse di qualche sceicco, scriva gli ultimi di capitoli, dimenticandosi dei primi, ma con il pennino intinto, nel calamaio iridescente del suo smisurato talento.