Addio Roberta, la paladina dei disabili: aveva 50 anni, lascia marito e due figli

Alba Adriatica, Roberta Di Luca dal 2009 era costretta sulla carrozzina dopo un incidente. Domani l’ultimo saluto
ALBA ADRIATICA. Se n’è andata a 50 anni Roberta Di Luca, una mamma di Alba Adriatica che fino all’ultimo si è battuta per i diritti delle persone con disabilità. Roberta era tetraplegica e costretta su una carrozzina dal 2009 a seguito di un incidente stradale: ha reagito a questa svolta drammatica della sua vita impegnandosi costantemente per gli altri e diventando presidente della sezione teramana dell’Aniep, associazione per i diritti dei disabili. Nel 2021 si era ammalata di Covid e aveva superato un ricovero di 41 giorni, nello stesso anno la sua esperienza era stata narrata dall’autore teramano Osvaldo Di Domenico nel romanzo “Due secondi”, edito da Artemia. I funerali di Roberta – che lascia marito, due figli, i genitori e due fratelli – saranno celebrati domani alle 10.30 nella chiesa di Santa Maria a Villa Fiore.
Un’operatrice sanitaria che ci scrive di aver avuto «il privilegio di accompagnare, per diversi anni, una donna straordinaria nel suo percorso di vita e di malattia» ha inviato alla redazione un breve scritto commemorativo in forma anonima, «come ultimo gesto d’affetto e riconoscenza». Ne riportiamo ampi stralci: «C’era chi la descriveva “un po’ farfalla, un po’ sola, un po’ sognatrice”. Ma chi l’ha conosciuta davvero sa che dietro quella delicatezza c’era un coraggio che sfidava ogni limite. La sua vita, segnata dalla disabilità, non è mai stata una resa, ma una battaglia trasformata ogni giorno in esempio. Non ha mai voluto essere definita dal dolore, eppure ne ha attraversato tanto. Ha scelto, invece, di essere ricordata per ciò che ha costruito: relazioni, diritti, parole. Come presidente dell’ANiep, si è battuta senza sosta per i diritti delle persone con disabilità, lottando contro l’inerzia, le barriere architettoniche e culturali, la solitudine, l’ingiustizia. Per lei l’inclusione non era uno slogan: era un’urgenza concreta, quotidiana, reale. Non cercava attenzione, ma connessione. Non chiedeva compassione, ma ascolto. È riuscita a farsi spazio con delicatezza, a cambiare le cose con determinazione. Chi le è stato vicino sa quanto abbia insegnato: a vivere, a rallentare, a guardare davvero. Oggi che non c’è più, ci resta il suo esempio. Una testimonianza viva di come si possa essere protagonisti della propria esistenza anche in condizioni che molti ritengono marginali. Lei marginale non lo è stata mai. Era centrale. Era luce. A lei farfalla che ha saputo volare anche con le ali spezzate il nostro grazie più profondo. A noi il compito di continuare la sua battaglia».