Teramo Futura

Brucchi: possiamo creare un parco unico in Italia

Il sindaco d’accordo con l’idea di un super lungofiume a gestione collettiva

TERAMO. Apprezzamento per il forum lanciato dal Centro sul futuro della città e, in particolare, per la proposta della nostra redazione sullo sviluppo del parco fluviale e la sua gestione partecipata; un preciso impegno a lavorare su un regolamento dei beni comuni che concretizzi una sorta di patto tra amministrazione e cittadini per la gestione e valorizzazione delle aree pubbliche; un appello non solo alle forze sane della città, ma anche ad altre istituzioni, a fare ciascuna la propria parte per portare avanti il progetto e grazie ad esso qualificare la città. C’è questo, ed altro ancora, nell’intervista che il sindaco Maurizio Brucchi ci ha concesso ieri dopo aver letto la pagina inaugurale del forum “Teramo futura”.

Sindaco, ha letto del nostro forum? Vuole intervenire?

«Molto volentieri. Innanzitutto voglio dire che il forum è una bella iniziativa da parte del quotidiano degli abruzzesi, e poi che apre all’intera città un discorso su un argomento, quello del parco fluviale, che è a me molto caro. Spero, auspico che ci sia un ricco dibattito e invito la cittadinanza a parteciparvi anche perché da questo dibattito che apre il Centro potrebbero venire spunti positivi da tradurre in pratica».

È d’accordo che il parco fluviale è una peculiarità di Teramo che va valorizzata il più possibile e potrebbe qualificare la città?

«Un parco come il nostro, così centrale e nello stesso tempo così incontaminato, non so se esista in Europa, ma credo che in Italia sia unico. Sono così d’accordo con la sua importanza che sotto il mio mandato abbiamo allungato l’anello ciclopedonale di 5-6 chilometri lungo il Tordino, realizzando il prolungamento fino all’area archeologica della Cona, e avevamo in progetto il prolungamento anche verso la costa. C’era un finanziamento di cinque milioni della Provincia per il completamento della pista ciclabile fino a Giulianova e due milioni toccavano a Teramo per arrivare fino a San Nicolò, poi questi soldi sono stati utilizzati per altri progetti e non ce l’abbiamo più».

È un discorso che si può riprendere in qualche modo?

«Crediamo di sì. Abbiamo un terreno nei pressi del centro commerciale di Piano d’Accio che l’assessore Giacomo Agostinelli ha valorizzato urbanisticamente, quella è una zona in espansione e l’idea è quella di mettere sul tavolo questo terreno e chiedere in cambio, a chi dovesse essere interessato ad investire nell’area, di completare il percorso ciclopedonale dalla Gammarana a San Nicolò. Credo che in questa consigliatura possiamo gettare le basi di questa operazione anche perché abbiamo cinque milioni della Comunità europea per il recupero del mercato coperto e le piste ciclopedonali. E poi sul Tordino un percorso tra Teramo e San Nicolò c’è già».

La proposta del “Centro” a dire il vero mira soprattutto a valorizzare il parco esistente facendone sede di eventi diffusi e oggetto di progetti ambientali.

«Concordo in pieno e ricordo che il nostro lungofiume è stato inserito nel progetto europeo Ercip per il miglioramento delle aree fluviali che ci ha visto partner di nove città tra cui Londra. Ercip non ti dava risorse ma ti permetteva di progettare interventi per lo sviluppo dei lungofiumi: ebbene, molte idee sono le stesse che avete proposto voi del Centro. Si è parlato di gestione partecipata e collettiva, di eventi culturali, sportivi e gastronomici, di miglioramento della qualità delle acque. C’era anche un’idea di Paolo Tancredi, che aveva proposto in corrispondenza dello Smeraldo di realizzare una sorta di diga e creare un bacino per andare in canoa. Di sicuro, quando siamo andati a Londra ad illustrare le nostre proposte, abbiamo fatto una gran bella figura».

Concentriamoci sulla gestione partecipata e collettiva del parco, che è il caposaldo della nostra proposta. Voi ci state provando da un po’, ma finora si è fatto poco.

«Nel 2012 abbiamo fatto un bando che divideva il lungofiume in sei zone da dare in gestione a privati. Concedeva delle agevolazioni urbanistiche, ad esempio la possibilità di realizzare dei punti di ristoro, ma ammetto che aveva troppi lacci e lacciuoli, non era calato nella realtà della crisi; era troppo complicato e ha fatto sì che delle associazioni sportive interessate ad alcuni tratti del parco non abbiano dato seguito a questo interessamento. Tuttavia tre pezzi di parco sono stati comunque affidati: l’agility dog sotto ponte San Gabriele, la casa cantoniera di viale Cavour e l’area giochi sotto ponte San Ferdinando. Insomma, non siamo all’anno zero».

Servono, però, nuove regole. Le farete?

«Mi sono andato a leggere il regolamento dei beni comuni di Bologna, da voi citato come possibile modello, e ci sono cose molto interessanti. Nel bando che vogliamo andare a riproporre l’obiettivo sarà quello di costituire un patto tra ente e cittadini. Se creiamo un circolo virtuoso, faremo una cosa unica. Il futuro è questo, l’Europa assegna soldi per questo. Sono altresì d’accordo sul fatto che una figura politica di riferimento, che si occupi esclusivamente del parco, si può fare».

Il Comune, dunque, è pronto ad assumere un ruolo di guida. Ce la farà?

«Una cosa è certa: non possiamo fare tutto noi, ad esempio Provincia e Regione devono collaborare dal punto di vista della regimentazione delle acque e del risanamento delle sponde, che sono demaniali. E sarebbe importante il contributo delle associazioni ambientaliste. Quanto alla manutenzione, è evidente che la collettività debba collaborare perché il Comune non può occuparsi di un’area così vasta. Se poi dovessero restare non assegnate a privati delle parti del parco, potrebbero essere date in cura a soggetti che hanno bisogno di lavorare per inserirsi o reinserirsi nella società, come migranti e detenuti».

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