Cola a picco il tessile-abbigliamento

La Cgil: «Le ore di cassa integrazione sono da record»
TERAMO. La crisi non molla. Non è solo l'edilizia a subire un rallentamento, in provincia. Il settore più martoriato è il tessile-abbigliamento. Giovanni Timoteo, segretario della Filctem Cgil (categoria che ora ingloba anche il settore chimico) fa il punto della situazione e parla del comparto confezioni che se nel 2001 contava 15.400 dipendenti ora arriva a malapena a 7.500.
«Sono sparite tantissime aziende» osserva, «in parte a façon, ma sono andati via anche i grandi gruppi, ad esempio Pompea, Zucchi, Sixty e La Perla. Ora sono rimaste le imprese espressione del territorio, che però sono investite da una cassa integrazione crescente. Anche nel primo trimestre di quest'anno, in cui in alcuni casi i dati peggiorano». La cassa integrazione (ordinaria e straordinaria) del tessile-abbigliamento rappresenta più del 36% del totale di tutti i settori in provincia. La fetta maggiore è rappresentata dalla straordinaria (che spesso è l'anticamera della chiusura) che a fine 2010 si attestava su quasi tre milioni e mezzo di ore. I lavoratori già licenziati, cioè in mobilità, nel 2010 sono stati 2.866 nel tessile-abbigliamento-pelletteria. «Per la maggior parte si tratta di donne», precisa Emanuela Loretone, «che perdendo il reddito perdono anche l'autonomia. E siamo tornati indietro rispetto ai diritti acquisiti: siamo tornati al passato, le lavoratrici si scelgono in base all'età e alla possibilità che facciano figli. Senza contare che c'è un arretramento del reddito: le donne prendono meno rispetto ai colleghi». Mirco D'Ignazio fa notare come nel tessile-abbigliamento sia sceso il reddito medio, dai 13.980 euro del 2008 ai 12.988 del 2010. I lavoratori in cassa integrazione percepiscono 850 euro al mese e se sono senza figli ci devono pure pagare le tasse.
Diversa la situazione nel settore chimico, gomma-plastica e ceramica. Qui la cassa integrazione rappresenta il 3,28% del totale di tutti i settori. E ci sono stati 184 lavoratori in mobilità. «In questo settore non abbiamo grossi affanni», osserva Bernardo Testa, «a parte alcune aziende scomparse, ma per problemi manageriali. Ora assistiamo a una moderata ripresa. Ma non si va da nessuna parte se questa si inserisce in un tessuto economico che si impoverisce, come accade nel Teramano». (a.f.)
«Sono sparite tantissime aziende» osserva, «in parte a façon, ma sono andati via anche i grandi gruppi, ad esempio Pompea, Zucchi, Sixty e La Perla. Ora sono rimaste le imprese espressione del territorio, che però sono investite da una cassa integrazione crescente. Anche nel primo trimestre di quest'anno, in cui in alcuni casi i dati peggiorano». La cassa integrazione (ordinaria e straordinaria) del tessile-abbigliamento rappresenta più del 36% del totale di tutti i settori in provincia. La fetta maggiore è rappresentata dalla straordinaria (che spesso è l'anticamera della chiusura) che a fine 2010 si attestava su quasi tre milioni e mezzo di ore. I lavoratori già licenziati, cioè in mobilità, nel 2010 sono stati 2.866 nel tessile-abbigliamento-pelletteria. «Per la maggior parte si tratta di donne», precisa Emanuela Loretone, «che perdendo il reddito perdono anche l'autonomia. E siamo tornati indietro rispetto ai diritti acquisiti: siamo tornati al passato, le lavoratrici si scelgono in base all'età e alla possibilità che facciano figli. Senza contare che c'è un arretramento del reddito: le donne prendono meno rispetto ai colleghi». Mirco D'Ignazio fa notare come nel tessile-abbigliamento sia sceso il reddito medio, dai 13.980 euro del 2008 ai 12.988 del 2010. I lavoratori in cassa integrazione percepiscono 850 euro al mese e se sono senza figli ci devono pure pagare le tasse.
Diversa la situazione nel settore chimico, gomma-plastica e ceramica. Qui la cassa integrazione rappresenta il 3,28% del totale di tutti i settori. E ci sono stati 184 lavoratori in mobilità. «In questo settore non abbiamo grossi affanni», osserva Bernardo Testa, «a parte alcune aziende scomparse, ma per problemi manageriali. Ora assistiamo a una moderata ripresa. Ma non si va da nessuna parte se questa si inserisce in un tessuto economico che si impoverisce, come accade nel Teramano». (a.f.)
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