Debiti per gli appalti non pagati: il giudice salva un imprenditore 

La ditta è stata chiusa dopo i contenziosi giudiziari con 400mila euro di passivo verso banche e fisco Il tribunale rateizza e sospende il pignoramento della casa e il blocco del quinto dello stipendio 

TERAMO. I debiti vanno pagati, ma bisogna continuare a vivere salvaguardando le necessità primarie. È il principio di fondo della cosiddetta legge “salva suicidi”, la numero 3 del 2012, ormai alla base di svariati provvedimenti dei tribunali in accoglimento di piani di rateizzazioni di debiti accumulati da imprenditori ma anche tantissimi altri.
Perché basta poco per seppellire la normalità del quotidiano. Così come è successo a un piccolo imprenditore edile teramano, che oggi lavora come impiegato, costretto a fare i conti con i mancati pagamenti di tanti enti pubblici che in pochi anni lo hanno portato ad accumulare debiti per quasi 440mila euro. L’azienda oggi non esiste più, è stata cancellata dal registro delle imprese.
Il tribunale teramano, di recente, ha accolto la sua richiesta di rateizzazione del debito presentata facendo riferimento alla legge del 2012 nata proprio per rispondere alle situazioni di reale difficoltà prevedendo la possibilità per i privati di saldare i debiti sulla base delle proprie reali disponibilità. Con il via libera al piano, inoltre, il tribunale ha sospeso il pignoramento del quinto dello stipendio e il pignoramento della casa. «Il suo stato di sovraindebitamento», ha scritto nel provvedimento il giudice Ninetta D’Ignazio, «si presta ad essere causalmente ricondotto con ragionevole fondatezza al rischio di impresa connesso alla attività di impresa edile esercitata dal ricorrente. Non può essere negativamente valutato l’ulteriore profilo della diligenza del debitore nell’assumere le obbligazioni».
Le ragioni del dissesto della società e dell’indebitamento affondano, in particolare, nelle contestazioni di alcuni lavori in subappalto relativi ad opere pubbliche poi sfociati in contenziosi giudiziari. Contenziosi che, in particolare, sono legati al mancato pagamento dei crediti da parte degli enti pubblici e che hanno generato spese, ritardi e riduzioni degli incassi da parte della società che, a sua volta, non è più riuscita a far fronte alle obbligazioni assunte con i creditori alle scadenze pattuite. Per questi motivi, nonostante la cessazione dell’attività e la cancellazione della società, l’imprenditore ha continuato ad avere debiti con il fisco e istituti di credito anche a causa di fideiussioni personali prestate a garanzia delle obbligazioni assunte dalla società.
L’uomo è stato assistito dall’avvocato Berardo Di Ferdinando, assistente anche nella redazione del piano e delegato Adusbef (l’associazione a difesa dei consumatori e degli utenti) per la provincia teramana. Gestore della crisi con funzioni di ausiliario del giudice è stato il commercialista Paolo De Paoli, mentre il commercialista Gianni D’Alessandro è stato gestore ausiliario del debitore. Entrambi sono stati nominati dall’organismo di composizione dell’ordine dei commercialisti.
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