Docenti senza saperlo

30 Settembre 2010

Finte assunzioni dietro la truffa dei corsi professionali

TERAMO. Docenti senza saperlo nei corsi di formazione per la qualificazione di operai: si arricchisce di altri particolari l'inchiesta aperta dalla procura di Teramo su una società privata di Giulianova. Le indagini, svolte in questi mesi dagli ufficiali della polizia giudiziaria, svelano nuovi retroscena sulla presunta truffa ai danni della Regione. Secondo il sostituto procuratore Stefano Giovagnoni, infatti, il numero degli iscritti sarebbe stato gonfiato per ottenere più soldi.

I corsi sono stati fatti tra il 2007 e il 2008. La segnalazione in procura è arrivata dopo delle verifiche incrociate svolte da Regione e ispettorato del lavoro. I sospetti dei due enti hanno fatto scattare l'inchiesta che ha già portato all'iscrizione nel registro degli indagati di tre amministratori della società. Circa cinquanta le persone che in questi mesi sono state ascoltate dalla polizia giudiziaria, tra corsisti e docenti veri e presunti. Per l'accusa, infatti, tra le persone indicate come insegnanti ci sarebbero anche docenti che non hanno mai svolto lezioni e che hanno solo inviato curriculum alla società.

E non solo. Alla formazione avrebbero dovuto partecipare solo lavoratori con un contratto a tempo indeterminato. Secondo l'accusa, invece, nei verbali presentati alla Regione ci sarebbero anche i nomi di ex dipendenti o lavoratori con contratti a termine. I corsi, mirati a qualificare i dipendenti delle aziende private in tema di sicurezza sul lavoro, informatica e tecniche di lavoro, erano disciplinati da bandi di gara organizzati dalla Regione. Per ogni bando 150mila euro. Fondi che l'ente regionale aveva ricevuto dall'Unione europea.

La società nel mirino degli inquirenti ha vinto la gara e ha effettivamente svolto i corsi in due aziende del Teramano. Poi ha attestato alla Regione l'attività svolta, ma per la procura è qui che starebbe l'inghippo: quei corsi, secondo l'accusa, non sono stati effettivamente frequentati dalle persone dichiarate (ma da un numero inferiore), e le ore di lezione effettivamente svolte non sono state quelle indicate ma, per il magistrato, sarebbero state di meno. Insomma, ci sarebbe stata una certificazione fasulla mirata a ottenere illecitamente i fondi della Regione.

Nel corso dell'attività investigativa sono stati acquisiti anche numerosi atti: sia quelli sottoscritti dai frequentanti e sia i verbali inviati alla Regione per certificare frequenza e presenza. I corsi erano suddivisi in due momenti: quello all'interno delle aziende e quello in cui era previsto l'invio di materiale (dispense e cd) direttamente al domicilio dei frequentanti. L'ipotesi di reato che si va delineando è una truffa ai danni della Regione, ma l'inchiesta non è ancora chiusa. «Non conosco la vicenda, ma ho chiesto ai dirigenti del settore di informarsi per poi relazionarmi», ha dichiarato Paolo Gatti, che dal gennaio del 2009 è assessore regionale alla formazione professionale. (d.p.)

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