«Ho perso tutto per salvare l’azienda»

Valter Amante racconta i momenti d’oro e poi il tracollo della Full Mobili La fabbrica è in concordato, è stata affittata a un altro imprenditore

MARTINSICURO. Un gentiluomo. Se non fosse per la tenera età, 54 anni, Valter Amante potrebbe tranquillamente incarnare l’immagine dell’imprenditore che nell’immediato dopoguerra si è corciato le maniche insieme ai suoi operai per ricostruire l’Italia. Un po’ padrone, certamente padre. Ma Valter Amante e suo fratello Giancarlo, l’azienda non ce l’hanno più. Nell’aprile scorso la storica Full Mobili di Martinsicuro è stata ammessa al concordato preventivo con cessione dei beni. Prima impresa con 12 milioni di fatturato e 70 dipendenti, poi 15 milioni di debiti. E i due fratelli hanno detto addio all’industria fondata dal padre e a buona parte dei propri beni personali, conquistati con una vita di lavoro.

«La nostra azienda è nata nel 1977», racconta Amante, «fondata da mio padre Alessandro che precedentemente era responsabile di produzione ditta Monaco di Mosciano, poi per un breve periodo socio Las: la “a” del nome eravamo noi. Poi si divisero e mio padre aprì il mobilificio Amante specializzato nella produzione camerette, poi Martinmobili dall’83 al ’93 che produceva anche soggiorni, quindi la Full, specializzata in mobili per ufficio, che a quei tempi era un settore emergente». Subito l’azienda ha puntato sulle esportazioni: il 70% del fatturato, sin dagli inizi proviene dal Paesi come Russia, Cuba, Francia, Polonia. «Con la Russia arrivammo a 7 miliardi di fatturato nel 1997», continua Amante, «poi la Russia ha iniziato a alzare barriere per le importazioni, il mercato a Cuba ha avuto alti e bassi, nell’ex Jugoslavia scoppiata la guerra. C’erano mercati interessanti anche nei Paesi del Golfo, ma anche lì c'è stata la guerra. Man mano abbiamo subito il declino dei mercati esteri, che ha colpito aziende che facevano prodotti di qualità media come la nostra. Dal 2008 si è cominciata a sentire crisi nel mercato interno. Il 50% è stato causato da tagli del governo. Abbiamo lavorato per Poste o per l’Inps, ma a un certo punto non sono stati rinnovati gli arredi. In poco tempo il mercato è sfumato».

Amante dice di non ritenersi una vittima del sistema: vede con lucidità le responsabilità altrui, ma anche le proprie. «Un problema in Italia è che non c’è protezione per le piccole e medie imprese, viene dato grande spazio alle grosse lobby ma non si difende quello che è il vero tessuto produttivo. Questo è il risultato: la perdita del terziario e delle piccole aziende. Mettiamoci sopra il fatto che tanti pagamenti non sono arrivati. Ho in sospeso pagamenti con Poste: se vai in crisi e salti un versamento non hai il Durc e lo Stato non ti paga. E non puoi partecipare più alle gare. Per i pagamenti dai privati nel giro di 3 anni buttato via 3 milioni di euro solo per i fallimenti di altri e gli insoluti subiti. Ma io una causa per avere il dovuto la chiudo in 20 anni, come faccio a risolvere i problemi economici? Non posso vivere con i pagamenti delle banche. Se in Italia ci fossero corretti rapporti di vendita molto sarebbe risolto. Tutto quello che le sto dicendo è accaduto a tante, tantissime aziende. Anche se c'è chi si è saputo difendere e ha detto: se non mi dai i soldi non vendo».

C’è poi un momento in cui la vita diventa come una partita a poker: hai in mano un full ma spunta una scala. «Non pensavamo che la crisi durasse così a lungo, d’altronde il governo ci diceva che la fine era vicina», riconda Valter Amante, «e dal 2009 abbiamo sempre contribuito a cercare di risanare l’azienda. Nella tua impresa ci credi e ci metti tutto il tuo denaro, pensi che ti puoi rialzare. Se avessimo deciso di mettere azienda in concordato allora ci saremmo risparmiati molti soldi, invece ci abbiamo rimesso anche i nostri beni personali. Ci abbiamo rimesso la casa di mio padre, i terreni di nostra proprietà, tutto... Tutta una vita di lavoro bruciata. Quando uscì il primo articolo sulla Full si parlava di milioni di debiti, non si spiegava che cosa c'era dietro, c'erano scritti anche gli interessi sui debiti. Se la Full ha fatto un concordato senza salvare niente, mettendoci anche i beni dentro, è perchè noi volevamo garantire il pagamento ai nostri debitori, compreso il personale. Non so chi l'avrebbe fatto». E ora spunta la rabbia: «sì dentro ho una gran rabbia: mio padre è morto da 12 anni e io sono in azienda da 35. Una rabbia per non essere riuscito a salvare l’indispensabile. Ma non bisogna lasciarsi andare allo scoramento: io adesso mi sto riciclando, sto facendo qualcosa per andare avanti. Io d’altronde non ho nulla a parte quello che porto addosso e un appartamento che potrebbe essere insidiato dalle banche».

Amante ha perso un «gioiello costruito in anni di sacrifici». Ma non scrive la parola “fine”. «Appena si supererà questa situazione, penso a mettere in piedi una piccola attività. Ma solo quando c'è una prospettiva reale, ora non è il momento».

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