TERAMO

“I ragazzi di via Longo” nelle foto di Marcocci

Il racconto empatico di un luogo e delle persone che lo hanno abitato e lo abitano tra immagini, video e testimonianze

TERAMO. Un romanzo popolare si snoda nelle fotografie e testimonianze filmate della bella mostra di Giampiero Marcocci “Tiziano is my love – I ragazzi di via Longo”, in corso a Teramo nella sala espositiva comunale di via Palma.

Il progetto iniziato nel 2021 dal fotografo teramano è promosso dall’associazione Spazioeffe col patrocinio del Comune. Aperta tutti i giorni fino a venerdì 30, orario 16-19.30, l’esposizione dedicata al quartiere formato dalle case popolari, periferia da tempo fagocitata dall’avanzare della città senza perdere tuttavia l’identità, è il racconto empatico di un luogo e delle persone che lo hanno abitato e lo abitano. Bambini e bambine diventati adulti che continuano a risiedere, o sono tornati, nelle “case minime” assegnate dagli anni Cinquanta dal Comune ai loro nonni, artigiani e soprattutto operai della nascente industria teramana.

Una comunità coesa, cementata da forti legami familiari e di buon vicinato, da pratiche condivise nei cortili tra i palazzi, come le preparazioni alimentari (le conserve di pomodori e peperoni) o l’accensione del focaraccio la sera dell’Immacolata, dai giochi dei bambini in strada, dalla pesca nel vicino fiume.

Sei palazzine, 96 appartamenti, abitati negli anni Settanta da circa 500 persone (oggi i residenti sono un centinaio in 36 appartamenti). Un paese. Agli intensi ritratti fotografici di Marcocci, che già raccontano molto delle persone, si accompagnano i testi di Daniela Ferroni, con le riflessioni e i ricordi raccolti nelle interviste alla gente del rione e confluiti nella fanzine-catalogo.

La testimonianza viva dei protagonisti di questa narrazione corale, di valore sociologico oltre che poetico, è anche nel documentario di un'ora curato dai due autori (montaggio Barbara Faonio), in loop in una delle sale dello spazio di via Palma e di cui una parte è su YouTube.

La mostra, che prende nome da una dichiarazione d’amore incisa sul muro di uno dei palazzi chissà quanti decenni fa, propone due installazioni oltre al video e i 35 scatti a colori del reportage fotografico: sull’acciottolato d’ingresso una ricostruzione stilizzata delle palazzine, mentre in una delle sale le foto d’epoca prestate a Marcocci dagli abitanti del quartiere compongono un album in bianco e nero di ricordi lieti. Oggi la letizia è lontana in via Luigi Longo: da 15 anni almeno, da una giunta all’altra, si parla di riqualificazione; intanto due palazzi sono disabitati e di notte sono terra di nessuno, fino alla tragedia di fine novembre, quando in un appartamento vuoto sono morti per le esalazioni di un braciere due occupanti, una donna di Teramo e un giovane gambiano.

Ma la mostra più che denunciare il degrado dei fabbricati e della zona vuol concentrarsi sulle persone e sulle loro speranze di un futuro abitativo migliore in quella che da generazioni è casa.