La giornata dell’Anmil, di lavoro si muore e ci si ammala: «Leggi sempre meno applicate»

Nei primi 8 mesi dell’anno infortuni stabili rispetto al 2024 ma balzo delle malattie professionali. Il presidente provinciale Marcozzi: «Dal ministero un credito di 11 milioni per i nostri patronati»
TERAMO. Nei giorni infiniti dei morti sul lavoro, tra richiami inascoltati (a cominciare dai tanti del presidente della Repubblica Sergio Mattarella) e norme inapplicate, i numeri non sempre bastano a raccontare le vite che non ci sono più o quelle a metà di chi resta invalido o porta il peso di una malattia professionale.
L’appuntamento a Campli con la 75esima giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro dell’Anmil (l’associazione mutilati e invalidi ) diventa l’occasione per fare la cronaca del tanto non fatto che i numeri ancora una volta raccontano. Perché se è vero che nei primi 8 mesi del 2025 in Abruzzo quello delle vittime (13) resta quasi immutato rispetto all’anno scorso in linea con la tendenza nazionale mentre si registra un lieve incremento degli infortuni (sono stati 7.744), il balzo in avanti delle malattie professionali (5.806 con un più 17,3% rispetto all’anno precedente) racconta che di lavoro si continua a morire e ad ammalarsi. E che il traguardo dello zero su tutti i fronti è ancora molto lontano.
Gli appelli del Presidente Mattarella (quello di ieri: «La sicurezza sul lavoro è un diritto inalienabile»), la richiesta di una Procura nazionale del Lavoro, i maggiori rischi per i lavoratori stranieri, il ruolo dell’Unione Europea hanno fatto da sfondo alla cerimonia di ieri con raduno, sfilata e storie. Tante. Come quella di Maria che aveva poco più di 30 anni quando il marito è rimasto invalido per un incidente con il trattore e che dice: «Sono passati più di dieci anni, ma con i trattori si continua a morire e nonostante questo le norme di sicurezza su questi mezzi continuano ad essere ignorati». O come Giovanni che di anni ne ha 60 e che è rimasto invalido a 50 mentre lavorava in un cantiere. «Sono caduto da un’impalcatura», racconta, «non sono morto, ma da allora vivo a metà». E in questo mondo superdigitale e di iperconnessi si continua a morire cadendo da un’impalcatura o sotto una maxi trave che per chi indaga non è stata realizzata come avrebbe dovuto: è il caso della strage del cantiere di Firenze con la morte di cinque operai tra cui uno di Montorio.
Dice Nicola Marcozzi, presidente provinciale dell’Anmil da sempre in prima linea nelle battaglie per la sicurezza sul lavoro: « Siamo al 75esimo anno di celebrazione di questa paradossale ricorrenza nella quale ci ritroviamo uniti a rendere omaggio a una categoria che non dovrebbe esistere. Sono stati diffusi i dati Inail relativi alle denunce di infortunio e malattia professionale presentate all’istituto nei primi 8 mesi di questo 20225. Si tratta di numeri che rimangono drammaticamente ancorati alla mancanza di un cambiamento. Ogni volta che un lavoratore muore è l’integrità stessa della nazione a subire una ferita profonda. Viene meno, ogni volta, la fiducia nella forza e nella tutela dei principi sanciti dalla nostra Costituzione».
E poi la denuncia, ferma, delle difficoltà con cui, a livello nazionale, l’associazione e il suo patronato vanno avanti a causa della mancata assegnazione di fondi. « Oggi in questo scenario», continua Marcozzi, «l’associazione arranca per tentare di rimanere aperta anticipando ogni mese i ritardi di pagamento da parte del ministero del Lavoro per le attività del patronato Anmil: un credito maturato che ammonta ad oltre 11 milioni di euro e che oggi risulta ancora insoluto dal 2018 obbligandoci alla chiusura di sezioni e sportelli sul territorio e a ritardare i pagamenti degli stipendi dei nostri dipendenti da tre anni sottoposti a riduzioni dell’orario di lavoro ed integrazioni salariali».
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