La Torre, un crollo evitabile

Il perito dell'accusa: «Zona a rischio per una discarica»
TERAMO. Una discarica realizzata su un calanco, in una zona a rischio idrogeologico in cui la prima frana del 2005 avrebbe dovuto far dire stop ai rifiuti. Giuseppe Gisotti, consulente dell'accusa, puntella l'impianto accusatorio della procura.
A processo, con accuse che vanno dall'attività di gestione di rifiuti non autorizzata a crollo colposo, sono 13 tecnici e amministratori tra cui il presidente della giunta regionale Gianni Chiodi nella sua veste di ex sindaco di Teramo. E ieri la quarta udienza per il crollo della discarica teramana si è concentrata sull'audizione del consulente tecnico nominato dal pm. Gisotti - docente universitario, presidente della società italiana di geologia ambientale e componente della commissione per la valutazione dell'impatto ambientale del ministero dell'Ambiente - ha ripercoso pagina dopo pagina la sua relazione, spiegandola e rispondendo alle domande di magistrato e avvocati. Su un dato ha insistito: quella discarica era stata realizzata in un'area già a rischio perchè ci sono i calanchi e fenomeni di dissesto idrogeologico. Insomma un terreno instabile, argilloso, non adatto ad ospitare questi siti, e soprattutto in cui dopo la prima frana del 2005 «qualcuno avrebbe dovuto aprire gli occhi».
La frana del 2005 è quella di aprile, quella per cui i residenti diedero subito l'allarme quando videro su un costone il primo fronte di una frattura destinata ad aumentare. «Quella frana», ha detto Gisotti, «avrebbe dovuto rappresentare uno spartiacque tra il passato e il futuro di quella discarica».
Dopo quella data, però, questa è l'accusa della procura, l'amministrazione continuò ad abbancare tonnellate di rifiuti fino a quando all'alba del 17 febbraio del 2006 questi non crollarono finendo nel laghetto a valle. Ma c'è un dato che Gisotti, alla domanda del pm Stefano Giovagnoni, ha fatto emergere: secondo la sua testimonianza il crollo della discarica teramana sarebbe il secondo caso avvenuto in Italia dopo un primi crollo risalente agli anni cinquanta in Basilicata. Il collegio difensivo degli imputati è composto da Lino Nisii, Vincenzo Cafforio, Gugliemo Marconi, Francesco Mastromauro, Giovanni Moretti, Antonio Di Bitonto, Francesco Ciabattoni, Mauro Di Dalmazio, Enrico Mazzarelli e Gennaro Lettieri.
La parte civile è rappresentata da Tommaso Navarra. Nel procedimento, come parte civile, ci sono i residenti della zona che da tempo si sono costituiti in un comitato. Sono loro che per anni hanno gridato, lottato, fatto esposti, fotografato ogni minimo smottamento per documentare quello che avveniva tra frane e fuoriuscite di percolato. Con l'udienza di ieri sono stati ascoltati quasi tutti i testi citati dall'accusa. Manca un solo consulente che verrà ascoltato il 9 giugno, data in cui davanti al giudice monocratico Domenico Canosa inizieranno a sfilare i testi della difesa.
A processo, con accuse che vanno dall'attività di gestione di rifiuti non autorizzata a crollo colposo, sono 13 tecnici e amministratori tra cui il presidente della giunta regionale Gianni Chiodi nella sua veste di ex sindaco di Teramo. E ieri la quarta udienza per il crollo della discarica teramana si è concentrata sull'audizione del consulente tecnico nominato dal pm. Gisotti - docente universitario, presidente della società italiana di geologia ambientale e componente della commissione per la valutazione dell'impatto ambientale del ministero dell'Ambiente - ha ripercoso pagina dopo pagina la sua relazione, spiegandola e rispondendo alle domande di magistrato e avvocati. Su un dato ha insistito: quella discarica era stata realizzata in un'area già a rischio perchè ci sono i calanchi e fenomeni di dissesto idrogeologico. Insomma un terreno instabile, argilloso, non adatto ad ospitare questi siti, e soprattutto in cui dopo la prima frana del 2005 «qualcuno avrebbe dovuto aprire gli occhi».
La frana del 2005 è quella di aprile, quella per cui i residenti diedero subito l'allarme quando videro su un costone il primo fronte di una frattura destinata ad aumentare. «Quella frana», ha detto Gisotti, «avrebbe dovuto rappresentare uno spartiacque tra il passato e il futuro di quella discarica».
Dopo quella data, però, questa è l'accusa della procura, l'amministrazione continuò ad abbancare tonnellate di rifiuti fino a quando all'alba del 17 febbraio del 2006 questi non crollarono finendo nel laghetto a valle. Ma c'è un dato che Gisotti, alla domanda del pm Stefano Giovagnoni, ha fatto emergere: secondo la sua testimonianza il crollo della discarica teramana sarebbe il secondo caso avvenuto in Italia dopo un primi crollo risalente agli anni cinquanta in Basilicata. Il collegio difensivo degli imputati è composto da Lino Nisii, Vincenzo Cafforio, Gugliemo Marconi, Francesco Mastromauro, Giovanni Moretti, Antonio Di Bitonto, Francesco Ciabattoni, Mauro Di Dalmazio, Enrico Mazzarelli e Gennaro Lettieri.
La parte civile è rappresentata da Tommaso Navarra. Nel procedimento, come parte civile, ci sono i residenti della zona che da tempo si sono costituiti in un comitato. Sono loro che per anni hanno gridato, lottato, fatto esposti, fotografato ogni minimo smottamento per documentare quello che avveniva tra frane e fuoriuscite di percolato. Con l'udienza di ieri sono stati ascoltati quasi tutti i testi citati dall'accusa. Manca un solo consulente che verrà ascoltato il 9 giugno, data in cui davanti al giudice monocratico Domenico Canosa inizieranno a sfilare i testi della difesa.
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