Pronto soccorso, esami in un secondo

La telematica al posto di quintali di carta, il primario Rita Rossi spiega le novità per tagliare le attese dei pazienti

TERAMO. Un pronto soccorso sempre più tecnologico. E anche più vicino ai pazienti. Che il pronto soccorso del Mazzini stia attraversando una metamorfosi è evidente. Il primo segnale c’è stato a marzo: da allora sui monitor in sala d’attesa si può vedere quanti pazienti sono in fila e con il codice di quale colore. Qualche giorno fa è stata la volta della pubblicazione dei tempi di attesa dei quattro pronto soccorso teramani sul sito della Asl, un’operazione-trasparenza grazie alla quale il paziente che deve recarsi nel servizio può fare le sue scelte.Ma non è tutto. Di idee e progetti in cantiere il direttore del pronto soccorso del Mazzini, Rita Rossi, ne ha tanti.

I VIDEO. L’idea è non sprecare il tempo che i pazienti passano in sala d’attesa. «I monitor saranno usati», spiega Rossi, «per diffondere messaggi di educazione sanitaria ma anche su come utilizzare al meglio le strutture della Asl. Il primo passo sarà fatto la prossima settimana: sarà diffuso un video su come fare la rianimazione cardiopolmonare».

Ma non è l’unico progetto che si abbina alla tecnologia. Lo illustra il direttore del dipartimento di emergenza, Pierluigi Orsini: «Creando un collegamento fra la centrale operativa del 118 e il pronto soccorso, la prima si regola su dove è meglio portare il paziente, sempre considerando la presenza o meno di alcuni reparti, in base alla patologia». «Si potrebbe sintetizzare così», interloquisce Rita Rossi: «il paziente giusto, al tempo giusto, nel modo giusto, al posto giusto: il 118 anticipa le informazioni di base sul paziente che sta arrivando “preparandoci” ad accoglierlo». Ad esempio, se il paziente ha la milza rotta, si prepara già la sala operatoria.

La tecnologia verrà in aiuto anche per un altro progetto: «inviare al medico di base, per esempio via mail, l’informazione che il suo paziente è stato visitato con un aggiornamento sulle sue condizioni», spiega il direttore. Ancora tecnologia per un progetto in parte già realtà. «Abbiamo sviluppato», osserva Orsini, «una sinergia con la radiologia: le radiografie fatto a un nostro paziente ci vengono inviate in tempo reale sui nostri video. Stiamo perfezionandola anche per gli esami di laboratorio». Tutto questo si traduce in un risparmio di tempo (anche per il paziente) e un migliore utilizzo del personale che non deve andare a ritirare i risultati.

LE ATTESE. Spina nel fianco, fonte infinita di proteste, sono le lunghe attese. «L’iperafflusso di pazienti», afferma Rossi, «è un fenomeno mondiale: siamo culturalmente più sensibili alla salute e forse le risposte territoriali non sono ancora adeguate, senza contare che i malati sono speso pluripatologici, soprattutto gli anziani».

Il pronto soccorso in 6 mesi ha avuto 24.616 passaggi (63,5% codici verdi, 31% bianchi, 5,4% rossi e 3,8% bianchi). Il tempi di attesa tra l’arrivo e il triage, cioè l’accoglienza: un minuto e 16 secondi. I tempi fra il triage e l’inizio della prestazione: per i verdi un’ora e 25 minuti(3 ore e 20 per la fine della prestazione), per i gialli un’ora e 12 (3 ore per la fine), 43 minuti per i bianchi (2 ore e 35 per la fine perchè vengono quasi tutti mandati dal triage a fare consulenze specialistiche). Le ore più “calde”: il picco massimo c’è fra le 10 e le 12 e fra le 15 e le 18. «Chiediamo una forte collaborazione agli utenti: noi siamo disposti a capire le loro esigenze ma loro, visti i numeri, capiscano i carichi di lavoro a cui siamo sottoposti», commenta il direttore.

I CODICI ROSA. «Stiamo organizzando un gruppo mutidisciplinare che coinvolge pronto soccorso, pediatria, ginecologia, psichiatria e due pisicologhe per prendere in carico tutte le vittime di violenze, non solo donne ma anche anziani bambini e pazienti psichiatrici. Attraverso la direzione generale bisogna adesso sviluppare relazioni con procura, tribunale, forze di polizia, Provincia, Regione centri antiviolenza e le altre istituzioni interessate. In effetti è già partita la prima fase: ne i corsi di formazione gli infermieri sono stati sensibilizzati a cogliere i segnali di violenza nei pazienti, anche se non sono dichiarati», annuncia Rossi.

LA STRUTTURA. Il direttore spiega alcune imminenti modifiche alla struttura. La prima riguarda i bancone dell’accoglienza: «quello nuovo sarà senza vetro, in modo da favorire il colloquio: rappresenta una barriera che peraltro non serve a proteggere». L’abbattimento di un paio di muri avrà due effetti. «Sarà creata una zona barellati: non ci saranno più i pazienti in attesa di visita nel corridoio, sarà così razionalizzata l’assistenza infermieristica pre-visita». Sul corridoio rimarranno però gli altri, quelli per cui è già iniziata la visita, ma sono magari in attesa del risultato degli esami: sono vicini alle sale-visita, sempre sotto controllo di medici e infermieri. Il secondo effetto riguarda i pazienti in osservazione breve: abbattendo un muro si potranno tenere anche visivamente sotto controllo.

LA FORMAZIONE. «Sono stati fatti corsi di formazione specifica per il triage», spiega la caposala Silvia Bracchi, «che viene svolto dagli infermieri. Abbiamo fatto anche gruppi di lavoro per avere tutti gli stessi protocolli e agire tutti allo stesso modo». Orsini osserva che ci sono piani formativi per medici e per infermieri. «Ad esempio c’è un progetto regionale formativo in Israele, che è al top per i sistemi di gestione delle maxi emergenze: 30 unità del nostro dipartimento nei prossimi tre anni andranno lì a formarsi e, tornate, saranno a loro volta formatori».

©RIPRODUZIONE RISERVATA