Giulianova

Sviluppi sul caso di Giulianova: trovato il dna di Fabiana nel furgone dell’indagato

13 Settembre 2025

Depositato in Procura un nuovo risultato degli accertamenti tecnici del Ris: la traccia è nel vano posteriore del mezzo

TERAMO. È un’inchiesta che gira sull’elica del Dna quella sulla morte di Fabiana Piccioni, la 46enne di Giulianova trovata semi carbonizzata il 9 gennaio scorso dopo un malore letale causato da un mix di sostanze stupefacenti. A cinque mesi dall’iscrizione nel registro degli indagati di un 50enne artigiano albanese per spaccio di droga, soppressione di cadavere e morte come conseguenza di altro reato, i primi risultati dei molteplici esami affidati ai carabinieri del Ris rivelano un nuovo elemento: nel vano posteriore del furgone dell’uomo sono state trovate tracce biologiche il cui Dna corrisponde a quello della donna.

Un indizio? Sicuramente è un dato di particolare rilevanza scientifica che ora carabinieri e inquirenti devono inserire nel complesso mosaico di tessere che una dopo l’altra stanno mettendo insieme in una indagine sviluppata in un contesto non facile come quello che gravita nel mondo omertoso della tossicodipendenza. L’indagine già dai primi momenti ha ricostruito che l’uomo conosceva bene la donna e nei giorni successivi alla scoperta del corpo era stato lui stesso a chiamare i carabinieri per dire che era pronto a fornire delucidazioni sulle sue frequentazioni con la vittima ma che non c’entrava niente con la sua morte e con quello che era successo. Lo aveva fatto con una telefonata dall’Albania dove in quel momento si trovava e dove si trova anche ora.

Quando rientrò a Giulianova si presentò ai carabinieri per raccontare che conosceva la 46enne, che si erano visti così come era già successo anche altre volte in passato, ma che sicuramente non sapeva cosa fosse successo e che l’ultima volta che l’aveva incontrata era stato poco prima della sua scomparsa avvenuta il 2 gennaio. Ma le indagini, soprattutto quelle basate sull’incrocio di tabulati e celle telefoniche, avrebbero rivelato altre circostanze a cominciare dai primi accertamenti depositati dal Ris che hanno stabilito la presenza del Dna dell’indagato sul corpo della donna. Elemento, quest’ultimo, che conferma l’incontro tra i due poco prima della scomparsa della donna rivelato dallo stesso artigiano nel corso dell’interrogatorio con i carabinieri.

Il perché della traccia biologica nel vano posteriore del furgone emersa al termine di comparazioni tra Dna, invece, è tutto da spiegare e inserire nella dinamica dei fatti. Per ora, naturalmente, si tratta di accuse che restano tutte da dimostrare nel prosieguo del procedimento giudiziario. L’inchiesta della pm Greta Aloisi è ancora aperta in attesa del deposito dei risultati di altri accertamenti, a cominciare dall’indicazione sulla esatta data di morte della donna. Un elemento ritenuto di fondamentale importanza visto che il corpo della 46enne è ancora a disposizione dell’autorità giudiziaria proprio per consentire ulteriori accertamenti qualora fossero necessari dopo il deposito dell’accertamento medico-legale.

L’ultima traccia di Fabiana viva si è persa sul lungomare nord di Giulianova nei primi giorni dell’anno: è qui che alcuni testimoni hanno raccontato di averla vista nella tarda mattinata del 2 gennaio. Come sempre in sella alla sua bicicletta che usava per tutti gli spostamenti in città e che non è mai stata ritrovata. Come sempre sorridente e cordiale. Poi nessuno l’ha più vista. Fino al 9 gennaio quando il corpo semicarbonizzato è stato ritrovato in via Cavoni, abbandonato tra i rifiuti.

La donna, che in passato aveva lavorato come estetista e barista, aveva svolto attività di volontariato e aveva partecipato a gruppi di preghiera nel santuario dello Splendore dopo un periodo trascorso in una comunità di recupero. Nel 2019 si era candidata come consigliera comunale con la lista “Idea”. Nei mesi scorsi, a Giulianova, è nato un comitato di cittadini per chiedere verità e giustizia per Fabiana, bruciata dopo la morte e lasciata tra i rifiuti.

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