L’Aquila

Cinzia è sposa, sì per la rinascita: testimone di nozze Renato, il suo salvatore nella notte del sisma 2009

10 Agosto 2025

Il rito celebrato dall’avvocata Della Vigna che ha assistito i sopravvissuti della Casa dello Studente: «È stata un’emozione fortissima, questa unione è un inno alla vita che va avanti dopo quella notte». (Nella foto, Renato Pelacani, testimone di nozze, l’avvocato Wania Della Vigna e la sposa Cinzia Di Bernardo)

SILVI. Il rumore della vita è in una foto. Che va dritta al cuore e racconta emozioni al mondo. Quelle di Cinzia Di Bernardo sopravvissuta al crollo della Casa dello Studente che 16 anni dopo il terremoto dell’Aquila si sposa con il suo Simone Di Gabriele; quelle di Renato Pelacani che fa da testimone alla ragazza salvata quella notte di crolli e morte e quelle di Wania Della Vigna, avvocata simbolo delle parti civili in tanti processi post-sisma in Abruzzo e nel Lazio, che ha celebrato il rito civile. Un’immagine che tocca corde talmente irrazionali e profonde che le parole rischiano di essere solo di troppo. Perché Cinzia – che dopo il terremoto si è laureata in psicologia applicata e della salute, ha avuto due bambini con il suo Simone, lavora come psicoterapeuta e per il giorno del suo sì ha voluto con lei Renato e Wania – insegna che in ogni tragedia c’è un prima e un dopo, che ci sono altri che fanno la differenza e che esiste la giusta distanza anche dalla paura.

«Ho avuto l’onore e l’immensa gioia di celebrare il matrimonio di Cinzia e Simone», dice Della Vigna, «è stata un'emozione indescrivibile essere stata scelta da Cinzia per questo momento, lei che è sopravvissuta al crollo della Casa dello Studente. Questo matrimonio è molto più di una semplice unione: è un inno alla vita, un potente inno alla resilienza. Scegliendo me come celebrante e il suo testimone Renato, Cinzia ha voluto lanciare un messaggio forte e chiaro. Non ha mai dimenticato gli amici che non sono più con noi. Questo matrimonio è un modo per onorarli, per dire che il loro ricordo vivrà per sempre, ma che la vita, con la sua forza inarrestabile, deve andare avanti. E oggi, con Simone al suo fianco, la sua vita va avanti, più forte e luminosa che mai».

Renato Pelacani mette insieme ricordi ed emozioni. Quel 9 aprile del 2009 era uno studente di biotecnologie arrivato da Fermo, nelle Marche. Lui e Cinzia, arrivata da Teramo, si conoscevano così come tanti altri perché alla Casa dello Studente ci si conosceva un po’ tutti. Soprattutto in quei difficili giorni di scosse continue e paura, di allarmi e rassicurazioni, di serate trascorse insieme per condividere timori. «Per me è stata un’emozione fortissima», dice, «Cinzia mi ha scelto per fare il testimone perché mi vede un po’ come un pilastro. Abbiamo fatto amicizia fin dai primi giorni d’università e da lì ne abbiamo passate tante. Poi la vicenda della notte del 6 aprile ci ha uniti per sempre. I traumi creano legami di fratellanza e io li ho vissuti sulla mia pelle. Per me è stato come portare all’altare mia sorella. Cinzia mi ha fatto conoscere anche Wania Della Vigna che oltre ad averci supportato è diventata un’amica».

Quella notte del 2009 quando i pompieri arrivarono tra le macerie della Casa dello Studente Renato disse loro di andare prima dalle ragazze che sentiva chiedere aiuto nella stanza vicina in quell’edificio diventato tomba per otto persone, in quella stanza dove erano rimaste Cinzia e un’altra studentessa. «La scelta di Renato come testimone è stata immediata e scontata», racconta Cinzia bella come tutte le spose nel suo abito bianco e con il suo bouquet di rose rosse, «ho voluto che nel giorno del mio matrimonio con me ci fosse quello che chiamo un fratello d’anima, una persona con cui ho un legame che va oltre il sangue perché la vita decide chi sta al tuo fianco. Quella notte lui ha scelto di far venire i soccorritori prima da me e dagli altri, poi da lui. Noi fino a quel momento c’eravamo incontrati tante volte, ma la vita e la morte hanno scelto di unirci per sempre e io quello che lui ha fatto non posso dimenticarlo. Resterà per sempre una parte della mia vita, quella di allora e quella di oggi. Quella sera c’era già stata una scossa, così come nelle serate precedenti. Ricordo che avevo deciso di andare a dormire presto sperando che non succedesse nulla perché l’indomani avevo il tirocinio e quindi volevo essere concentrata. Improvvisamente la parte della Casa dello Studente dove io mi trovavo sprofondò ma fortunatamente la nostra camera rimase integra. Ci hanno soccorso i pompieri dopo tre, quattro ore e dopo che Renato sentendo le nostre urla disse ai pompieri di venire prima da noi. Da quella stanza siamo usciti vivi tutti e anche se a fatica tutti ci siamo ripresi la vita. Con il tempo, con le occasioni che la vita ti dà. Ma quella notte in molti non uscirono vivi da tante altre stanze di quell’edificio che ci aveva accolti. Quando io e Simone abbiamo deciso di sposarci ho subito pensato che quel giorno con me avrebbero dovuto esserci Renato e Wania».

Perché il dolore è materia delicata e ci sono molti modi per raccontarlo, per sottrarlo all’usura del tempo. «La tragedia del terremoto resterà per sempre una parte di me», dice Cinzia, «ma la vita va avanti e trova sempre la sua strada. L’Aquila resterà sempre nel mio cuore e ci sono delle coincidenze che mi fanno capire quanto sia così. Quando io e Simone abbiamo deciso di sposarci, ci siamo messi alla ricerca di una location per la cerimonia, la festa con parenti e amici. Abbiamo visto tanti posti e quando siamo andati a Silvi, al Parco Archea, sono rimasta senza parole: all’ingresso c’è un rosone, un’immagine del Rosone di Collemaggio donata dai terremotati che nei giorni successivi al 9 aprile furono ospitati in quella struttura così come tanti aquilani finiti sulla costa teramana. Un legame che non conoscevo e che ha rappresentato un ulteriore segno per una scelta di vita». Quella dopolla notte infinita del 6 aprile 2009.

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