EFFETTI CORONAVIRUS

Consumi dimezzati e aziende preoccupate: soffrono anche vino e arrosticini

I simboli della gastronomia abruzzese in crisi malgrado in tanti si siano organizzati con le consegne a domicilio e nelle vigne si continua a lavorare. Cotarella (Assoenologi): "Eppure il vino contribuisce a igienizzare il cavo orale".  La prospettiva è incerta e c'è il problema della fornitura della carne dalla Francia

PESCARA. Crollano i consumi di due capisaldi del settore alimentare ed enogastronomico abruzzese: il vino e gli arrosticini. Due simboli dell'eccellenza locale piegati dall'emergenza sanitaria del coronavirus che coinvolge l'intera filiera della gastronomia.

Sono i dati a palesare una crisi di livello nazionale sia nel mercato interno sia nell'export dove arrosticini e vino (Montepulciano in particolare) primeggiavano a livello globale. E malgrado in tanti si siano organizzati con le vendite e le consegne a domicilio le differenze con i livelli precedenti sono enormi.

SETTORE ENOLOGICO. Nicola D'Auria, presidente nazionale del Movimento Turismo del Vino (Mtv), parla di ordini bloccati, e di vendite scarse. Anche se non tutte le cantine sono chiuse e dove in tanti lavorano da casa per l'ordinaria amministrazione e per non farsi trovare impreparati alla ripresa. "Anche se", precisa D'Auria, "la situazione in Italia è complicatissima, e non sappiamo davvero quando tutto questo possa finire".

D'Auria rappresenta una realtà che conta circa 850 tra le cantine più importanti d'Italia riunite con lo scopo di promuovere una sempre più diffusa cultura dell'accoglienza e della promozione territoriale tra i produttori di vino. «Mi sento quotidianamente con i vari presidenti regionali che mi parlano di una situazione davvero difficile", continua: "Le cantine sono in evidente difficoltà, le attività sono ferme, con tutti i tour annullati. In Italia il vino è fermo. Il settore è in sofferenza, perché se in vigna si sta più o meno lavorando, il resto è bloccato. Impossibile fare previsioni su una ripartenza, con anche la nostra manifestazione principe, Cantine Aperte, programmata per l'ultima domenica di maggio, ovviamente in forse».

Eppure, secondo Assoenologi, il vino in questo periodo, fa bene se preso sempre in giuste quantità. Il messaggio in questo caso arriva dal numero uno dell'associazione degli enologi italiani, Riccardo Cotarella "al termine di un confronto con importanti rappresentanti della comunità medica" sottolinenando quindi di non volersi ergere al ruolo di medico.

Riccardo Cotarella presidente Assoenologi

“La sopravvivenza del virus nel vino – spiega Cotarella – appare impossibile in quanto la concomitante combinazione della presenza di alcol, di un ambiente ipotonico e della presenza di polifenoli, impedisce la vita e la moltiplicazione del virus stesso”. “Assai remota, se non addirittura statisticamente inesistente, appare la contaminazione da imballaggi, anche in considerazione della breve vita del virus e dell’assenza di un potenziale ospite ‘biologico’ vivente”. “Un consumo moderato di vino, legato al bere responsabile – aggiunge il rappresentante di Assoenologi – può contribuire ad una migliore igienizzazione del cavo orale e della faringe: area, quest’ultima, dove si annidano i virus nel corso di un'infezione". Tutti consigli, avverte sempre Cotarella, da prendere “con la dovuta prudenza, per il fatto che si tratta di un virus nuovo”. Ma la notizia equivale a un piccolo spiraglio di luce, soprattutto per chi ha una cantina ben fornita a disposizione.

ARROSTICINI. Il coronavirus sta dando una mazzata anche alle caratteristiche "rustell" di pecora. Lo stop agli assembramenti di certo non favorisce il loro consumo che per tradizione avviene nel corso di scampagnate, riunioni di famiglia, gite. "Dai 25 mila arrosticini dell'ultimo weekend sono passato a 3 chiamate al giorno, avevo 100 pecore da macellare, 50mila arrosticini, ho preso e ho congelato tutto, sperando in meglio", spiega all'Ansa Ferruccio titolare di una delle aziende che lavorano a mano gli arrosticini e che ha dovuto sospendere l'attività con 15 dipendenti.

Ma c'è un altro problema che può risultare pesante in prospettiva: le fonti di approvvigionamento. "La Francia ha chiuso, non spedisce più, uguale l'Irlanda e la Spagna: quando avevamo solo noi il coronavirus - sottolinea Ferruccio - erano loro che non volevano trasportare in Italia, oggi sono loro che non possono uscire, quindi in un'eventuale ripresa c'è il rischio di non trovare merce e pecore. E la gente faticherà a trovare arrosticini nei mercati e nelle trattorie".