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Giada, la stilista che ha scelto di aiutare i poveri

Volontaria alla Casa di Madre Teresa a Calcutta, in India, ogni giorno si alza alle 6 di mattina e comincia la giornata lavando i panni alle 140 donne che vi sono ospitate per vari motivi

Vai e conquista il mondo! Quante volte genitori carichi di speranze hanno augurato ai propri figli di prendere il largo con il vento in poppa, verso una vita piena di successi. Quel vento ha spinto Giada, pescarese di 26 anni, a mollare gli ormeggi di un “posto fisso” e avventurarsi a largo, contro corrente. Lavorava a Roma nel campo della moda. Disegnava borse. Poteva aspirare ad un'affermata carriera nel mondo del fashion. Ma dopo alcuni viaggi di lavoro in Asia, ha capito che per lei la conquista del mondo passa attraverso i vicoli disordinati di Calcutta che trasudano fango e povertà.

Giada da Pescara a Calcutta: "La meta è il cammino"
Giada Baiocco, pescarese di 26 anni, lavorava a Roma nel campo della moda. Disegnava borse e aveva le potenzialità per fare carriera nel mondo del fashion. Poi un viaggio in Asia, il contatto con la povertà a Calcutta e la scelta di vita: volontaria per la Casa di Madre Teresa, un centro di assistenza che accoglie poveri, malati, donne abusate, persone affette da disturbi psichici e di ogni sorta. Ecco il suo racconto (a cura di Chiara Morelli)

Da tre mesi vive in India, dove per mantenersi continua a disegnare borse. Ma solo per tre giorni a settimana, e solo per garantirsi lo stretto necessario. Ha smesso di rincorrere il superfluo. Disegnare borse le consente di dedicare tutto il tempo rimanente a ciò che ormai ritiene essere la sua vera occupazione:  è volontaria per la Casa di Madre Teresa di Calcutta, un centro di assistenza che accoglie poveri, malati, donne abusate, persone affette da disturbi psichici e di ogni sorta. Un centro che si trova nel cuore di Calcutta, metropoli da 5 milioni di abitanti, dove fai fatica a distinguere dove finisce il centro di accoglienza e inizia la città.

Giada mi racconta Calcutta: bambini costretti a lavarsi i denti con acqua piovana, donne che fanno il bucato nelle pozzanghere, e uomini che dormono su giacigli di fortuna che al mattino diventano le loro bancarelle. E mentre la ascolto, dall’altra parte del mondo, cerco di capire cosa la spinga a svegliarsi alle 6 del mattino, ad immergersi nella folla, ad attraversare così tanta miseria senza inorridire. “I sorrisi dei poveri in un’esplosione di colori” mi risponde.

Quando entra nella casa di accoglienza, sa che  laverà  gli abiti per le oltre 140 donne ospiti, alle quali poi servirà il pranzo, e se necessario le aiuterà a nutrirsi, e perché no, anche a tingere di smalto le unghie. Non parla la lingua del posto. Nella casa di Madre Teresa di Calcutta si parla una lingua, fatta di piccoli gesti, che non si presta ad equivoche interpretazioni. La sola moneta di scambio è il “Grazie”. E mentre lei, a 6 ore di fuso orario da me, si commuove raccontandomi di chi l’abbraccia per ringraziarla, il mio pensiero corre a chi l’ha messa in mare aperto. Ai genitori che l’hanno incoraggiata a seguire la sua strada. Non le hanno tracciato la rotta. Le hanno insegnato a riconoscere il vento.

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