Giuliani: in Emilia la terrà tremerà ancora

5 Giugno 2012

Il ricercatore aquilano: attività possibile fra Calabria e Sicilia e sull'altra sponda dell'Adriatico

PESCARA. «L'attività sismica proseguirà nei prossimi giorni. I nostri modelli e i contributi dei nostri collaboratori, anche internazionali, indicano la zona che sarà interessata dall'"occorrenza" come quella dell'Appennino centro-settentrionale, insomma, l'area che, da tre settimane, è interessata dall'attivtà sismica».

Giampaolo Giuliani è prudente come chi voglia evitare polemiche e strumentalizzazioni inevitabilmente legate al suo nome e alle sue ricerche. Un nome quello di Giuliani venuto alla ribalta, tre anni fa, nei giorni a cavallo del terremoto che, il 6 aprile 2009, devastò L'Aquila, la città in cui Giuliani vive e lavora.

Ex tecnico dell'Istituto di fisica nucleare dei Laboratori nazionali del Gran Sasso, Giuliani sostiene che il suo sistema di rivelatori-analizzatori di radon sia in grado di percepire l'energia che si addensa su una faglia e, tramite la triangolazione dei dati prelevati dalle diverse postazioni, di permettere di prevedere, con un buon margine di approssimazione, l'epicentro dell'evento macrosismico e l'intensità del medesimo, 6-24 ore prima che esso si verifichi e in un raggio massimo di 80-100 chilometri dall'Aquila.

Il radon - un elemento chimico scoperto,nel 1898 da Pierre e Marie Curie - è un gas nobile e radioattivo che si forma dal decadimento del radio (con espulsione di un nucleo di elio), generato a sua volta dal decadimento dell'uranio.

Le ricerche seguite da Giuliani studiano come poter utilizzare la misurazione dell'incremento di emissione di radon come precursore sismico, in quanto la sua emissione in atmosfera sarebbe fortemente influenzata dalla conformazione geologica; e, in caso di variazioni di pressione o di movimenti delle faglie, si è notata una variazione delle emissioni del gas.

Nel 2009, sulla scorta di questi studi e ricerche, Giuliani predisse che un evento sismico distruttivo si sarebbe potuto verificare in provincia dell'Aquila.

In questi giorni, Giuliani è molto ricercato da giornali, radio e televisioni (giovedì scorso è stato ospite di «Servizio pubblico», il programma di Michele Santoro).

Tutti gli chiedono, più o meno, di fare l'indovino, di rispondere con precisione alle solite domande scaccia-angoscia. Ci sarà un'altra scossa di terremoto devastante? E, se sì, dove? E quando?

«I terremoti non si possono prevedere con precisione assoluta», dice lui. «Noi continuiamo a seguire i nostri modelli di rilevazione basandoci sui dati delle nostre tre stazioni e ad avvalerci della collaborazione di scienziati e ricercatori di centri universitari a Mosca, in Giappone e a Orange nello Stato della California. Abbiamo, inoltre, tre nostre stazioni di rilevamento: all'Aquila, a 40 chilometri dalla città e a Magliano dei Marsi».

Che cosa viene fuori da questa rete di contributi internazionali e dati raccolti direttamente sul territorio abruzzese?

Attualmente timori per l'Abruzzo non ve ne sono, dice Giuliani. Le rilevazioni indicano in due diverse direzioni, secondo il ricercatore aquilano: una verso sud e l'altra verso est.

«La prima», racconta Giuliani, «potrebbe essere l'area costiera calabro-siciliana. L'altra indicazione punterebbe verso l'altra sponda del mare Adriatico, verso i Paesi costieri dell'ex Jugoslavia». Giuliani insiste sulla natura strettamente scientifica dei modelli e dei protocolli seguiti nelle ricerche in questione. «Delle polemiche non mi impora nulla», conclude. «Io vado avanti con le mie ricerche».

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