I corali tornano a Guardiagrele

Domani la riconsegna di due manoscritti del 1333 rubati 30 anni fa

La notte tra il 12 e il 13 settembre 1979 vennero rubati da Santa Maria Maggiore a Guardiagrele sette libri corali realizzati proprio per la chiesa nel 1333. Erano una serie completa di sette antichi e rari manoscritti su pergamena. Ora due di quegli antichi volumi tornano a casa.

LA RICONSEGNA. I due volumi saranno di nuovo conservati nel Museo di Santa Maria Maggiore a Guardiagrele in una teca appositamente realizzata e donata dalla Fondazione Carichieti. Al ritrovamento dei corali, a cui è già stata riservata una giornata a Roma lo scorso 13 marzo, nella prestigiosa sede dell’Accademia dei Lincei, verrà dedicata una manifestazione domani alle 18, nella collegiata di Santa Maria Maggiore a Guardiagrele alla presenza di don Nicola Del Bianco, parroco di Santa Maria Maggiore; Mario Palmerio, sindaco di Guardiagrele; Luigi Cortellessa, colonnello del Comando carabinieri Tutela patrimonio culturale; Mario Di Nisio, presidente Fondazione Carichieti; Aurora Tomasello, soprintendente libraria Regione Abruzzo; Salvatore Lutzu, capitano del Nucleo Tpc di Genova; Pio Francesco Pistilli e Giorgia Corso dell’università La Sapienza di Roma.

IL RITROVAMENTO. Il Nucleo tutela del patrimonio dei carabinieri di Genova nel settembre 2006 controllò il castello (di cui non viene fornita l’esatta individuazione, si parla genericamente di una zona tra Liguria e Piemonte) di un facoltoso collezionista d’arte piemontese, appassionato di antichi e pregiati libri. Nella biblioteca di circa 400.000 volumi del castello c’era anche una collezione di circa 40.000 edizioni, opere manoscritte e stampa, incunaboli, cinquecentine, di eccezionale interesse storico e culturale. «Nel corso delle perquisizioni», spiegano i carabinieri, vennero effettuate «oltre un migliaio di fotografie, individuando tra i vari volumi una decina di antichi corali manoscritti su pergamena tra il XIV e il XV secolo, che portavano l’attenzione nei confronti delle principali iconografie miniate o istoriate riscontrate nei vari testi, quasi tutti in scrittura gotica a inchiostro nero». Un recupero, quello dei due libri guardiesi, eccezionale anche per la quantità dei fogli integri (461 in totale), forse il ritrovamento più corposo finora effettuato di manoscritti ascrivibili a quell’epoca. L’Antifonario è composto da 226 carte e il Graduale da 235 carte del quattordicesimo secolo. Per ora si ignora la sorte degli altri cinque volumi della serie, anche se il ritrovamento sul mercato antiquario di due fogli fa pensare al peggio, ovvero al loro smembramento.

GLI STUDI. Dei libri corali rubati a Guardiagrele si era occupata, nel 2004, Giorgia Corso, dell’università La Sapienza di Roma, in un saggio contenuto in una raccolta di studi sulla collegiata di Santa Maria Maggiore, curati dal docente Pio Francesco Pistilli. Subito dopo, la stessa studiosa ha intrapreso una ricerca più approfondita, arrivando a ricostruire l’aspetto dei codici grazie alle campagne fotografiche (esclusivamente in bianco e nero) e alle catalogazioni curate dalla Soprintendenza, nonché dalle descrizioni e dalle illustrazioni contenute negli scritti pubblicati prima del furto. Lo studio, promosso dal Comune di Guardiagrele con il patrocinio della Scuola di specializzazione di storia dell’arte medievale e moderna dell’università «La Sapienza» di Roma, dal titolo «I manoscritti miniati di Santa Maria Maggiore a Guardiagrele» è stato pubblicato nel 2006 nella collana Mezzogiorno Medievale (Edizioni Zip). Tutto il materiale fotografico e le informazioni raccolte nel corso della ricerca sono state consegnate dall’autrice ai carabinieri del Nucleo per la tutela del patrimonio culturale, per l’immissione nella banca dati delle opere scomparse. Grazie a queste immagini il Nucleo tpc di Genova è stato in grado di effettuare il ritrovamento.

IL CORPUS DELLE OPERE. I primi tre volumi della serie trecentesca costituivano il Graduale, gli altri quattro l’Antifonario. Tutti e sette i codici furono fatti fare dai canonici di Santa Maria Maggiore nel 1333, qualche anno dopo l’istituzione del capitolo, per dotare il coro di una versione corretta e aggiornata dei canti e dei testi da eseguire durante il rito. Il valore particolare dei codici risiede innanzi tutto nella loro antichità e rarità, nonché nelle loro decorazioni pittoriche, tra le migliori espressioni dell’arte della miniatura abruzzese del XIV secolo. Di grande importanza è anche la presenza (purtroppo nei codici non ancora trovati) di alcuni canti rarissimi, o persino unici, già studiati dai musicologi prima del furto. Al momento della sottrazione, i corali erano conservati in un armadio della sacrestia.

I codici furono esposti tutti in pubblico per la prima volta alla mostra di antica arte abruzzese, tenutasi a Chieti nel 1905. Furono descritti dagli eruditi locali Filippo Ferrari, Vincenzo Balzano e Francesco Paolo Ranieri, entro il 1927. Tra il 1927 e il 1933, la studiosa Maria Grazia Salvoni Savorini ne curò dapprima una catalogazione per conto della Soprintendenza PSAE dell’Aquila, poi un primo studio critico, seguito da quello di Giuseppe Iezzi.