Abruzzo

Le femministe abruzzesi contro il gruppo Fb “Mia moglie”: «Questa è violenza sessuale»

27 Agosto 2025

“Le donne viste come oggetti da esibire”: intervengono le associazioni femministe sullo scandalo social che ha assunto contorni nazionali (ci sono decine e decine di abruzzesi)

PESCARA. L’associazione Donn’è, il Collettivo Zona Fucsia, Presenza Femminista, Coop. Be Free e collettivo Patate Bollenti denunciano la violenza del gruppo Facebook “Mia Moglie” al cui interno sono presenti diversi uomini provenienti dall’Abruzzo: il corpo delle donne non è mai di dominio pubblico. "Abbiamo appreso con sgomento dell’esistenza del gruppo Facebook “Mia Moglie”, in cui migliaia di uomini, molti dei quali abruzzesi, condividono senza consenso foto delle proprie partner, ritratte in atteggiamenti più o meno intimi. Una pratica gravissima che rappresenta a tutti gli effetti una forma di violenza sessuale, in quanto viola la libertà, la dignità e l’autodeterminazione delle donne. Il consenso è la base imprescindibile di ogni relazione: significa che ogni persona deve essere libera di scegliere se, come e quando condividere la propria immagine o il proprio corpo. Senza consenso, non c’è amore, non c’è rispetto: c’è solo violenza. Invitiamo chiunque riconosca in questo meccanismo una forma di abuso a rivolgersi ai centri antiviolenza, che offrono supporto gratuito e riservato, anche nell’eventuale percorso di denuncia".

Dichiarazione di Francesca Di Muzio, avvocata e vicepresidente Donn’è: “Le donne devono potersi sentire supportate, ascoltate, non giudicate e informate correttamente sulle forme di tutela a loro disposizione. Per questo l’invito è a rivolgersi ai centri antiviolenza della regione Abruzzo. Allo stesso tempo, ribadiamo la necessità urgente di costruire una cultura antisessista e femminista, capace di smontare le radici di queste pratiche tossiche e criminali".

Dichiarazione di Benedetta La Penna (Collettivo Zona Fucsia, componente Commissione Pari Opportunità Regione Abruzzo): «Quello che emerge da questa vicenda è l’ennesima conferma di quanto le donne vengano ancora considerate proprietà, corpi a disposizione, strumenti di piacere da esibire e scambiare. Non si tratta di “goliardia”, ma di violenza. Serve una presa di coscienza collettiva: la dignità delle donne non è negoziabile, e solo attraverso un impegno diffuso nell’educazione al consenso e al rispetto possiamo cambiare davvero questa società.» Esiste infine un tema grave e annoso relativo alla mancata tutela online, come sottolineano le attiviste della rete di promozione sociale Presenza Femminista e del CAV Casa Donne Marsica, Marielisa Serone D’Alò e Daniela Senese: «È un fatto che decine di migliaia di persone siano iscritte a gruppi, su piattaforme come Telegram e Facebook, simili a quelli al centro delle recenti polemiche. È un fenomeno noto da tempo: molte donne avevano denunciato l’esistenza di quello spazio ora chiuso e di altri sia a Meta che alla Polizia Postale, spesso senza ottenere risposte concrete. In alcuni casi, si sono sentite dire che tali contenuti non violavano le normative delle piattaforme. Questa situazione mette in evidenza un problema oggettivo: la nostra società contemporanea mostra un profondo spirito misogino, dove il sopruso e l’uso del corpo delle donne vengono tollerati, mentre la loro tutela come persone sembra non essere una priorità».

Gli iscritti erano quasi tutti uomini, che dal 2019 hanno condiviso e commentato immagini intime di compagne o mogli – molte non hanno mai dato il consenso alla divulgazione dei contenuti – e che sono state trattate come merce di scambio tra persone senza scrupoli. Centinaia anche gli abruzzesi che hanno postato, commentato e condiviso. Qualcuno di questi potrebbe aver commesso dei reati ed è ciò che stanno accertando gli agenti della polizia postale. La pagina è stata accessibile da tutti fino a qualche giorno fa, ma quando gli “animatori” si sono resi conto di essere stati scoperti, hanno cominciato a diffondere il link di indirizzi Telegram, in cui continuare i loro scambi. La polizia ha chiuso la pagina dopo le segnalazioni di varie attiviste femministe, ma i nomi di chi ha commentato e condiviso fotografie e video senza consenso sono in una dettagliata informativa che finirà anche in procura.