La senatrice aquilana del Movimento Cinque Stelle Enza Blundo

Sulmona, senatrice del M5S mette l’ufficio nella casa pignorata 

Enza Blundo utilizza come sede politica un immobile messo all’asta divenendone la custode. Ma uno dei creditori protesta e firma un esposto in Procura

SULMONA. Un immobile finito al centro di una vicenda giudiziaria, pignorato e messo all’asta che diventa ufficio territoriale della senatrice del Movimento 5 Stelle Rosetta Enza Blundo. Un ex collaboratore di giustizia che rivendica il suo credito e denuncia la senatrice per essersi inserita «strumentalmente» nel procedimento giudiziario penalizzando di fatto i creditori che da 8 anni aspettano di ottenere le somme a cui hanno diritto. Una storia complessa che il Centro è in grado di ricostruire attraverso gli atti giudiziari depositati in Procura.
LA STORIA. La storia inizia otto anni fa quando un ex collaboratore di giustizia - di cui non riveliamo il nome per ragioni di sicurezza - decide di investire il denaro, ricevuto dal ministero dell’Interno a titolo di sostegno per il reinserimento sociale, per acquisire un bar. L’uomo versa a un socio, in più rate, a titolo di caparra, 15mila euro, con l’impegno di dare la rimanente somma alla firma del contratto. L’affare non va in porto ma il socio-titolare del bar, che versa in condizioni di gravi difficoltà economiche, essendo finito nella spirale dell’usura, non riesce a restituire la caparra all’ex collaboratore di giustizia, il quale decide di adire le vie legali. Stessa iniziativa intraprendono altri creditori che dovevano ottenere denaro dallo stesso barista. Parte un’azione giudiziaria congiunta che porta al pignoramento dell’abitazione dove dimora il barista vittima dell’usura. Dopo vari rinvii si arriva all’atto finale che prelude alla vendita dell’immobile (valore stimato intorno ai 150mila euro), che consentirebbe ai creditori di avere le somme spettanti. A quel punto, il barista, come ultima speranza, per scongiurare la vendita all’asta dell’abitazione, chiede aiuto alla senatrice aquilana del Movimento 5 Stelle per bloccare l’iter giudiziario. Un aiuto che ottiene sollevando la reazione dei creditori, soprattutto dell’ex collaboratore di giustizia che decide di rivolgersi alla magistratura per far valere i suoi diritti. La senatrice infatti, decide di insediare i suoi uffici territoriali inerenti alla sua attività parlamentare nell’abitazione pignorata del barista.
LA LETTERA. In una lettera al presidente del Senato Pietro Grasso, al prefetto, al procuratore, al questore, al sindaco di Sulmona e al comandante dei carabinieri e della Finanza di Sulmona, la senatrice comunica che dal 15 maggio ha istituito il suo ufficio di parlamentare del territorio, nell’immobile dell’esercente, per svolgere attività sul territorio e custodire materiale relativo alla sua attività. Nella lettera la senatrice scrive che «alla luce dei princìpi e dei beni protetti, ogni azione che preveda l’intromissione da parte di terzi nel suddetto domicilio, per perquisizioni personali o domiciliari, ispezioni personali, o atti di sequestro o esproprio, dovrà essere soggetta alla preventiva autorizzazione del Senato».
LA REAZIONE. L’azione della parlamentare ha scatenato la reazione dell’ex collaboratore di giustizia, che ha visto nell’iniziativa un gesto che favorisce una persona ma, nello stesso tempo, ne penalizza altre. E lo ha messo per iscritto in un esposto in Procura. «È assurdo, perché l’intervento ha favorito una persona danneggiandone altre», scrive nell’esposto. «Chiedo alla Procura di fare luce su questo caso, che penalizza i miei legittimi interessi e diritti riconosciuti. Non è accettabile per me, come per qualsiasi altro cittadino, dover soccombere e subire una simile beffa. Ora, senza un lavoro», prosegue, «devo fare i conti con tanti disagi quotidiani, per sostenere mia moglie e mio figlio minorenne, tutto questo significa subire una grave ingiustizia alla quale bisogna porre riparo, restituendomi il denaro e accertando quanto avvenuto. La giustizia deve fare il suo corso e anche se quanto accaduto fosse stato ispirato da scopi umanitari, nei riguardi del mio debitore, bisogna sapere che è stato inflitto un danno enorme a me e alla mia famiglia. Pretendo giustizia».
«È UN MIO DIRITTO». «Perché l’ho fatto? Ho esercitato un mio diritto». Così la senatrice Blundo spiega al Centro le ragioni della sua iniziativa. «La persona che si è rivolta a me è stata vittima di usura e ha avuto il provvedimento dell’ente che lo tutela, ma poi tutto è rimasto bloccato e non aveva ricevuto i soldi che gli spettavano. Avrebbe ricevuto il pignoramento, allora io prima mi sono informata sulla veridicità dei fatti e l’onestà delle persone. E poi gli ho proposto di mettere il mio ufficio politico in quell’immobile. È una cosa che come M5S abbiamo fatto altre volte. Io l’ho già fatto sull’Aquila e l’ho comunicato pubblicamente. E la persona che ho aiutato ha poi avuto, a seguito del mio intervento per il blocco del pignoramento della casa abitata dalla mamma anziana disabile, la disponibilità da parte della banca a rivedere il debito e sta restituendo a rate quanto dovuto. Questo ci tengo a dirlo. Come me hanno agito, in altri casi, anche altri colleghi Moronese, Giarrusso, Lombardi. Il creditore che ha fatto l’esposto? Come lui ce ne sono altri. Se Panetta ha avuto un impedimento, questo signore non può mettere in mezzo alla strada una famiglia. L’esposto non mi tocca».
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