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28 luglio

Oggi, ma nel 1987, a Valdisotto e Tartano, in provincia di Sondrio, tra i punti più toccati, alle 21, si chiudeva la fase acuta dell'alluvione della Valtellina. Era cominciata con la pioggia del 18 luglio precedente, caduta dalle 17, e aveva causato 53 vittime, 200 feriti, 3mila sfollati e danni per 4mila miliardi di lire per lo più a a strade, abitazioni private, edifici pubblici, strutture produttive. La causa verrà rintracciata nel dissesto idrogeologico, incapace di reggere le precipitazioni oltre la norma.

Il nubifragio scatenava frane e inondazioni e il piano di recupero verrà caratterizzato dalle dure critiche nei confronti del nuovo ministro delegato alla Protezione civile. Era l’abruzzese Remo Gaspari, classe 1921, avvocato democristiano, originario di Gissi, in provincia di Chieti, nominato proprio il 28 luglio di quel 1987. Era stato chiamato, al suo 15° incarico da ministro, per spartizioni di partito, in sostituzione del predecessore, Giuseppe Zamberletti, ritenuto il padre della moderna Protezione civile, passato di forza al dicastero dei Lavori pubblici del nuovo governo presieduto da Giovanni Goria. Esecutivo scudocrociato che avrebbe avuto il giuramento proprio il giorno successivo, 29 luglio. Quella della Valtellina era riduttiva chiamarla alluvione.

Come quella della Val Pola non era solo una frana. Le immagini dall’alto scattate dai vigili del fuoco in quei giorni (nella foto, particolare) documentavano la creazione di una sorta di nuovo mare di fango e di detriti che trascinava, con furia devastatrice, villette rimaste in bilico su crinali di terra sventrata come fossero casette di carta.

La vicenda Gaspari-Valtellina rimarrà negli annali della Prima Repubblica, soprattutto per la sofferta e controversa scelta del ministro, prima contestato pubblicamente e poi osannato come "zio Remo", di effettuare, contro ogni parere tecnico, la tracimazione forzata e controllata nell’Adda dell’acqua della centrale idroelettrica di Premadio. Operazione che, il 29 agosto successivo, sarebbe potuta diventare la tragedia nella tragedia, sommergendo altri 7mila residenti, e che invece si rivelerà un successo.

Il 2 maggio 1990, a corollario della serie di operazioni di ritorno alla normalità, verrà emanata anche la legge numero 102, nota come “legge Valtellina”, che aiuterà con 2400 miliardi di lire, stanziati dalle casse dello Stato tra 1989 1994, al ripristino delle condizioni antecedenti alla sciagura e ad effettuare il monitoraggio idro-geologico non solo per i centri abitati in quel di Sondrio, ma anche per le aree colpite situate in provincia di Bergamo, di Como e di Brescia.