PALLA AL CENTRO

Calciomercato povero, gli effetti della crisi

Chiuso il mercato calcistico, parola al campo. Il mercato del ritorno di Lukaku, dell’addio della Juve a Dybala che ha scelto la Roma, di Di Maria e Pogba voluti da Allegri e di De Ketelaere al Milan sarà ricordato come una sessione votata al risparmio e, mai come adesso, figlia della crisi economica. Tutte le società hanno badato ad abbassare il monte ingaggi. E a finanziare gli ingaggi con le cessioni. L’acquisto più oneroso è della Juve che ha pagato 41 milioni (al Torino) per Bremer, un difensore, ma i movimenti in entrata dei bianconeri sono stati possibili grazie alla vendita di De Ligt al Bayern.  Il vero investimento è stato quello del Milan sul belga De Ketelaere. Per il resto, tutti a caccia dell’affare, dell’opportunità o del prestito.

La chiave per avere margini operativi è quella di cedere all’estero per poi fare mercato. Sono partiti tanti giovani (15 milioni più 5 di bonus per Casadei della Primavera dell’Inter al Chelesa). Ormai i club di Premier fanno shopping in Italia, prendono quello che vogliono perché hanno tanti soldi da spendere. Anche le società di medio-basso livello. Tanto per rendere l’idea i club inglesi hanno fatto mercato mettendo sul piatto della bilancia oltre due miliardi di euro, 315 milioni solo il Chelsea; le italiane non sono arrivate a 800 milioni.

Ovviamente questa disparità di potenziale economico si ripercuote anche sull’aspetto tecnico. E ovviamente sui risultati, specialmente in campo internazionale. D’altronde, non bisogna dimenticare che il calcio italiano ad oggi ha un debito (in gran parte verso l’Erario) di quasi 5,5 miliardi. E un appeal sempre più in ribasso. Oggi non conta solo spendere poco per i cartellini dei giocatori, ma, soprattutto, abbassare il monte ingaggi. Che resta comunque alto per i tempi che corrono e per la crisi che attanaglia il Paese. Però, va rimarcata l’inversione di rotta. Che i dirigenti hanno chiaro il problema e cominciano a muoversi di conseguenza. Tanto hanno da fare ancora, hai voglia… Il vento sembra essere cambiato anche per il calcio. Ma siamo solo agli inizi.

La principale entrata è rappresentata dai diritti televisivi (circa 1,2 miliardi, molti di meno rispetto alla Premier League); pensare ai mecenati che possano mettere soldi nel calcio è pressoché un’utopia. Tant’è che le società vengono messe in vendita e soddisfano il palato dell’investitore straniero. La chiave cercare di ripianare i debiti e iniziare un percorso virtuoso sta proprio nell’aumento dei ricavi. Ma ad oggi c’è sempre meno gente che guarda il calcio italiano in tv. A meno che non ci siano le big in campo. L’appassionato di calcio spesso preferisce vedere il calcio estero. Proprio perché quello italiano non tira più.