Arrestata l’ex fidanzata stalker: il giudice le blocca tutti i telefoni 

Un’operaia lancianese di 45 anni tempesta un giovane con 300 chiamate in appena cinque giorni: finisce ai domiciliari perché ha violato sistematicamente il divieto di comunicare con il 36enne

FOSSACESIA. Ha tempestato l’ex fidanzato con una valanga di telefonate anonime, almeno trecento in cinque giorni. Un’operaia lancianese di 45 anni, accusata di atti persecutori, è stata arrestata dai carabinieri della stazione di Fossacesia: la stalker si trova ora ai domiciliari dopo che il giudice Massimo Canosa, su richiesta del sostituto procuratore Miriana Greco, ha ordinato l’aggravamento della misura cautelare applicata inizialmente, ovvero il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dal 36enne che vive a Rocca San Giovanni. Non solo: considerando la sistematica violazione da parte dell’indagata della prescrizione di non comunicare con l’uomo, lo stesso giudice ha disposto il distacco di tutte le utenze telefoniche (fisse e mobili) a lei intestate o in uso. Tradotto: se la donna riuscisse a procurarsi un cellulare e continuasse a infastidire l’ex, anche attraverso internet, stavolta rischierebbe seriamente di finire in carcere.
Il 36enne ha denunciato di aver ricevuto una montagna di chiamate da un numero sconosciuto. E dagli accertamenti è emerso che quelle telefonate erano partite dall’utenza dell’operaia. La vicenda è arrivata all’attenzione dei carabinieri nel momento in cui la 45enne non ha accettato la fine della relazione e, da fine novembre scorso, ha iniziato a vessare l’ex fidanzato in ogni modo, rendendosi protagonista anche di frequenti blitz all’esterno di casa sua. Più nel dettaglio: la donna ha scagliato pietre con l’obiettivo di rompere porte e infissi. Come se non bastasse, la stalker ha tempestato l’uomo attraverso innumerevoli messaggi inviati sullo smartphone con i quali preannunciava azioni violente. In più occasioni, ha danneggiato le automobili usate dall’ex compagno e dalla madre di 56 anni, che vive a Fossacesia, a suo dire colpevole di aver preso le difese del figlio. Quando sono cominciate ad arrivare anche minacce di morte, tutt’altro che velate, le vittime hanno deciso di rivolgersi ai carabinieri e raccontare tutto. Madre e figlio, infatti, erano ormai costretti a vivere in uno stato di perenne paura e timore, al punto tale da mutare le abitudini. La procura ha chiesto e ottenuto il divieto di avvicinamento. Ma neanche questa misura è stata sufficiente per interrompere gli atti persecutori. Così sono scattate le manette.