«Attenti alle carni di cinghiale»
L’esperto: pochi controlli, solo il 5% è sottoposto ad accertamenti sanitari
VASTO. L’ultimo incontro ravvicinato con una mamma cinghiale e i suoi cuccioli risale a sabato sera a Punta Aderci. Una coppia che si era appartata sul costone è stata circondata dagli ungulati. Pare che Punta Aderci sia diventato uno dei luoghi preferiti dagli animali selvatici. La loro presenza ormai sta provocando gravi danni anche alla riserva. Il corso dell’Atc per selecontrollori organizzato dalla Provincia per abbattere i cinghiali è terminato ma ora si aspettano provvedimenti concreti. «Quando dalla teoria si passerà alla pratica?», chiedono i cittadini sempre più preoccupati.
Anche perché i dati forniti dal medico veterinario Simone Angelucci durante una lezione sugli aspetti sanitari legati alla gestione del cinghiale non sono affatto tranquillizzanti. Gli esperti hanno rilevato che ogni anno in Abruzzo vengono prelevati mediamente 6mila cinghiali e solo il 5% viene sottoposto a controlli sanitari. «Questo accade perché in regione non è attiva una struttura capace di garantire la regolare esecuzione dei controlli di laboratorio sulle carni», ha dichiarato il veterinario. Una dichiarazione che corrisponde a una denuncia e che conferma l’urgenza di risolvere prima possibile un problema non più procrastinabile.
I controlli sanitari mancano ma non è difficile trovare nei menu dei ristoranti piatti a base di cinghiale. E dopo il Pd anche i rappresentanti di Rifondazione comunista attaccano il presidente della Provincia, Enrico Di Giuseppantonio. «È trascorso un anno dalla tragica morte di un uomo di Casalbordino ucciso da un bracconiere perché scambiato per un cinghiale eppure nonostante le promesse del momento nulla è stato fatto di concreto», accusano il consigliere provinciale di Prc, Nicola Tinari, e il segretario provinciale, Riccardo Di Gregorio. «Invitiamo l’amministrazione provinciale a intervenire concretamente evitando improvvide dichiarazioni alla stampa. È necessario attivarsi ponendo magari lo sguardo alle altre realtà territoriali che già si sono attivate per risolvere la questione», insistono Tinari e Di Gregorio. (p.c.)
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