Il giudice: «Mauro Febbo va processato per corruzione, indizi gravi»

Per il gip Di Berardino «è il riferimento per qualunque iniziativa economica di interesse pubblico nel territorio di Chieti»
CHIETI. Ci sono «indizi gravi, precisi e concordanti». Ecco perché l’ex assessore e consigliere regionale Mauro Febbo, tra gli esponenti più in vista di Forza Italia in Abruzzo, va processato per corruzione nell’ambito dell’inchiesta sull’intreccio tra la politica e gli affari dell’imprenditore della sanità Vincenzo Marinelli, morto il 24 ottobre scorso a 88 anni. A ordinare l’imputazione coatta è stato il giudice per le indagini preliminari (gip) di Chieti Andrea Di Berardino, che ritiene «formulabile una ragionevole previsione di condanna» del notissimo politico teatino, 66 anni, il cui comportamento viene definito «spregiudicato», un passato anche da presidente della Provincia e da assessore comunale nella giunta di centrodestra che, nel 1993, si propose come simbolo di rinascita e di legalità dopo l’uragano di tangentopoli abbattutosi sulla città d’Achille.
Al momento, Febbo non ricopre incarichi istituzionali. Ma mantiene un ruolo di primo piano nella vita quantomeno cittadina. Scrive il giudice: «Ora, è pacifico e incontrovertibile, in quanto da lui stesso dichiarato, che Febbo rappresenta il politico di riferimento per qualunque iniziativa economico-imprenditoriale di interesse pubblico nel territorio di Chieti, anche in apparenza estranea alla sua sfera di interessi».
Entro dieci giorni, dunque, la procura di Chieti dovrà formulare l’accusa a carico di Febbo per il reato previsto dall’articolo 318 del codice penale, vale a dire «corruzione per l’esercizio della funzione», punito con la reclusione da tre a otto anni; poi, un altro giudice fisserà l’udienza preliminare. Il reato, secondo il gip, si è protratto da luglio 2019 a marzo 2021 nel contesto del project financing proposto da Medipass spa – di cui Marinelli era agente – per la realizzazione del nuovo polo oncologico dell’ospedale di Chieti: Febbo, all’epoca prima assessore regionale alle attività produttive e poi consigliere di maggioranza, avrebbe ricevuto una dazione di 10.000 euro «per compiere atti del proprio ufficio» e, in particolare, «non osteggiare in sede politico-amministrativa» quel progetto.
ARTICOLO COMPLETO SUL CENTRO IN EDICOLA