Comunicato Stampa: Fascite plantare: tecniche mini-invasive migliorano i tempi di guarigione

21 Luglio 2025


Roma, 21 luglio 2025La fascite plantare , spesso associata alla cosiddetta “spina calcaneare”, è una delle patologie del piede più comuni tra gli adulti. Interessa in particolare le persone tra i 40 e i 60 anni , con una prevalenza stimata attorno al 10% della popolazione , e si manifesta con un dolore acuto sotto il tallone, più intenso nei primi passi del mattino.
La causa principale è lo stress meccanico cronico sulla fascia plantare , un legamento che collega il calcagno alle dita del piede. Questa tensione, spesso legata a posture scorrette, attività sportive intense, obesità o calzature inadeguate, può generare infiammazione cronica e, nei casi avanzati, una calcificazione visibile alla radiografia (spina calcaneare).


Trattamenti conservativi e limiti terapeutici
In fase iniziale, il trattamento prevede generalmente un approccio conservativo: fisioterapia, stretching specifico, uso di plantari, infiltrazioni locali e terapie fisiche come le onde d’urto. Nella maggior parte dei casi questi interventi permettono un miglioramento, ma non sempre garantiscono una risoluzione duratura.
Quando il dolore persiste oltre sei mesi , o si ripresenta ciclicamente, il ricorso alla chirurgia diventa un’opzione. In passato, l’intervento prevedeva un accesso diretto alla pianta del piede, con conseguenti tempi di recupero lunghi e un certo rischio di complicazioni cutanee.


Tecniche mini-invasive: una nuova opzione terapeutica
Negli ultimi anni, alcuni centri hanno introdotto procedure mini-invasive che permettono di intervenire indirettamente sulla fascia plantare , riducendone la tensione. Tra queste, si sta diffondendo una tecnica che prevede un piccolo accesso nella parte posteriore del ginocchio , nel cavo popliteo, attraverso il quale si effettua l’ allungamento selettivo del muscolo gastrocnemio mediale . Questo rilascio, secondo gli specialisti, consente di alleggerire in modo efficace la trazione sulla fascia plantare, agendo così sulla causa meccanica alla base della patologia.
In alcuni casi selezionati, è possibile associare il trattamento a terapie rigenerative basate su cellule staminali autologhe , prelevate dal tessuto adiposo del paziente, con l’obiettivo di accelerare i processi di riparazione tissutale.
Tempi di recupero e ritorno alla funzionalità
Secondo le casistiche disponibili, il decorso post-operatorio di queste tecniche è generalmente favorevole:

Una panoramica sulla procedura è disponibile sul sito del centro specializzato Smarthallux , che applica questa tecnica nell’ambito della chirurgia funzionale del piede.

Conclusione
La fascite plantare, spesso sottovalutata, può trasformarsi in una condizione cronica difficile da gestire. I progressi della chirurgia mini-invasiva stanno però offrendo nuove prospettive terapeutiche per i pazienti refrattari ai trattamenti conservativi, permettendo una risoluzione più rapida e un rientro precoce alla vita quotidiana , senza le limitazioni delle tecniche tradizionali.

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