Comunicato Stampa: “Stitichezza d’animo”: un viaggio sincero e ironico tra fragilità, libertà e rinascita

In “Stitichezza d’animo” , pubblicata da Europa Edizioni , Fra Tav costruisce un’autobiografia emotiva che si muove tra intimità e confessione , tra l’ironia come difesa e la verità come atto di coraggio. Il titolo, volutamente provocatorio, apre un varco nel linguaggio del corpo per parlare dell’anima: una “stitichezza” non fisiologica ma esistenziale , una difficoltà a lasciar fluire emozioni, parole, desideri. Fin dalle prime pagine l’autrice dichiara la propria condizione come un blocco interiore, una costrizione invisibile, “un’occlusione che rimane lì, latente”, e da quel punto costruisce il proprio percorso di liberazione.
Il tono è confidenziale, spesso ironico, ma attraversato da una malinconia costante. Fra Tav scrive con una voce che unisce spontaneità e precisione , alternando momenti di leggerezza a pagine di struggente sincerità. Bologna, la città universitaria dove si forma e dove la vita le appare piena di promesse, diventa il primo spazio simbolico della libertà e dell’identità. È lì che inizia la sua storia adulta, ma è anche da lì che prende avvio la consapevolezza di essere “fuori contesto”, diversa, inadeguata rispetto a un mondo che impone modelli precostituiti.
Nel racconto, la scrittura assume il ritmo del pensiero, come se le frasi seguissero i moti interiori dell’autrice. L’ironia diventa un’arma di sopravvivenza , uno strumento per alleggerire le tensioni di una vita che, invece, non risparmia colpi. La voce narrante, con la sua disarmante sincerità, attraversa gli anni della formazione, l’amore, la maternità, la perdita, la terapia, componendo un mosaico di esperienze che hanno un tratto comune: la ricerca ostinata di autenticità.
Fra Tav riesce con eleganza a trasformare la quotidianità in materia poetica . Ogni gesto, anche il più umile o doloroso, diventa occasione di conoscenza. Quando racconta la nascita prematura della figlia, l’autrice non indulge nel sentimentalismo, ma offre un racconto lucido e spietato, capace di restituire il trauma senza filtri, mescolando sarcasmo e pietà. La maternità è vissuta come esperienza di smembramento e rinascita , come passaggio attraverso la perdita e la paura. La scena dell’incubatrice, definita “l’astronave spaziale con circuito di mille valvole”, è uno dei momenti più potenti del libro: un’immagine che unisce il realismo clinico e la visione surreale, l’impotenza e il desiderio di proteggere.
Attraverso il dolore fisico e psichico, Fra Tav esplora la condizione di molte donne che, dopo la maternità, si ritrovano prigioniere di ruoli sociali e aspettative . La protagonista diventa “mucca stitica”, ironizzando sulla propria condizione di nutrice, ma dietro la battuta si nasconde il dramma di un’identità sospesa tra corpo e mente, istinto e razionalità. È in queste pagine che emerge il nucleo profondo dell’opera: il conflitto tra dovere e libertà , tra ciò che si è e ciò che ci si aspetta di essere.
La scrittura di Fra Tav alterna registri comici e lirici , mostrando una naturalezza rara nel passare dall’aneddoto al pensiero, dal quotidiano all’universale. Le citazioni musicali e letterarie disseminate nei capitoli – da Ferzan Özpetek a Elisa e Tiziano Ferro, da Guccini ad Alanis Morissette – diventano specchi emotivi più che riferimenti culturali, riflessi di stati d’animo in continua oscillazione.
Nel ritratto dei genitori e della sorella si percepisce una profonda nostalgia familiare , ma anche la necessità di emanciparsene. La madre, “sgangherata ma sempre una squadra”, è presenza costante, simbolo di un amore imperfetto e resistente; il padre, ironico e silenzioso, rappresenta la radice affettiva; la sorella, più matura e accomodante, è il contrappunto della protagonista, il suo opposto e complemento. Tutta l’autobiografia rimane in bilico tra gratitudine e insofferenza, come se ogni relazione fosse una parte di sé da cui prendere le distanze per potersi finalmente riconoscere. La seconda parte di “Stitichezza d’animo” segna un passaggio decisivo: il linguaggio si fa più denso, l’ironia più amara, la riflessione più adulta. Dopo la nascita della figlia e la morte della nonna, la protagonista attraversa un periodo di crisi familiare, lavorativa ed emotiva, che si traduce in un processo di disgregazione e ricostruzione interiore . Tutto ciò che la sosteneva sembra crollare: il lavoro perduto, il corpo ferito, l’amore minato dalla rabbia. Ma è proprio da quel crollo che nasce la possibilità di guardarsi con occhi nuovi.
La protagonista, con una lucidità disincantata, descrive il proprio passaggio “dalla stalla verde alla galera bianca”, trasformando la perdita in un atto di presa di coscienza. La lingua del corpo resta al centro del racconto: la stitichezza diventa simbolo della difficoltà di esprimersi e di liberarsi da una società che impone schemi e ruoli . L’autrice non cerca giustificazioni, ma riconosce il bisogno di cura, accettando infine di iniziare un percorso terapeutico. La psicoterapia viene raccontata come una purga simbolica dell’anima , un lento scioglimento delle rigidità accumulate, un tentativo di rimettere in circolo ciò che per anni è stato represso.
Qui l’opera assume una dimensione universale: la storia personale si fa riflessione collettiva. Dietro ogni pagina si intravede la condizione di chi, soprattutto donna, vive intrappolato tra doveri e desideri, tra l’amore per gli altri e la necessità di amare sé stesso. La voce narrante non si erge a modello, ma mostra le proprie fragilità con un’onestà che diventa atto di resistenza contro la finzione del benessere . La terapia, le amiche, la scrittura stessa sono gli strumenti con cui Fra Tav tenta di disfare i nodi della propria identità.
Nella sezione dedicata al rapporto di coppia, il tono si fa più tagliente. Il partner, inizialmente figura di sostegno, diventa progressivamente un muro, un altro ostacolo da superare. La dinamica amorosa è descritta con una franchezza disarmante: l’amore come lotta di sopravvivenza, come confronto tra solitudini . Eppure, anche nei momenti di conflitto, resta una tenerezza di fondo, un filo che non si spezza. Quando lui ricorda che si era innamorato di lei perché “era selvatica”, quella parola risuona come la sintesi perfetta dell’intero libro. Selvatichezza e stitichezza diventano i due poli della stessa identità: uno rappresenta la libertà originaria, l’altro il blocco imposto dalle paure e dai condizionamenti.
Man mano che la narrazione procede, la voce dell’autrice ritrova un equilibrio, una leggerezza nuova. La protagonista non “guarisce”, ma impara a convivere con la propria vulnerabilità , a trasformarla in risorsa. Il finale, che si apre su una nuova consapevolezza, lascia intravedere la possibilità di una rinascita: non come ritorno all’ordine, ma come accettazione dell’incompletezza. Il percorso interiore culmina in una comprensione essenziale: l’amore non è salvezza, ma condivisione imperfetta di fragilità.
“Stitichezza d’animo” è dunque un’opera sulla fatica di vivere, ma anche sulla capacità di raccontare quella fatica. È un libro che non offre soluzioni, ma spinge a riconoscere il valore del dolore come parte del processo di crescita. Fra Tav riesce a parlare con leggerezza di temi profondi – la maternità, la morte, la malattia, la depressione – senza mai cadere nel patetico. Il suo sguardo resta sempre umano, ironico, disarmato.
Alla fine della lettura, ciò che rimane non è solo la memoria di una storia personale, ma la sensazione di aver attraversato un viaggio emotivo collettivo , quello di chi lotta ogni giorno per essere se stesso nonostante tutto. Fra Tav ci mostra che anche la stitichezza dell’anima può trasformarsi in forza creativa, che dal blocco può nascere la parola, e dalla parola, la libertà. È questo il dono più grande del libro: trasformare la fragilità in linguaggio e il linguaggio in liberazione.
La responsabilità editoriale e i contenuti di cui al presente comunicato stampa sono a cura di Conoscere Cultura

