Capossela a Pescara: siamo polvere e ombra

Il cantautore in concerto al D’Annunzio con le “Canzoni della cupa”

PESCARA. «Ombra e polvere è esattamente ciò di cui siamo fatti. Polvere è il lato esposto al sole, quello della fatica, del lavoro, del cammino, del sollevare e mangiare polvere. L'ombra è il lato femminile, il lato ctonio, ossia nascosto, notturno. Il lato della luna, dell'intrigo e dell'indefinito». Così l'artista originario delle terre dell'Irpinia, Vicinio Capossela, definisce le storie raccolte nel suo nuovo disco "Canzoni della Cupa" (La Cùpa/Warner Music). Un lavoro lungo, faticoso come la terra, «intreccio e frutto di tanti risultati», decimo album in studio che Capossela porterà questa sera (martedì 9 agosto), alle 21,15 al Teatro D’Annunzio di Pescara nell'ambito del suo nuovo tour, “Polvere”. "Canzoni della Cupa", che arriva a 5 anni di distanza dal suo ultimo lavoro discografico, è un doppio album composto da “Polvere” e “Ombra”: se il lato in “Ombra” troverà il suo ideale spazio nei teatri, dove approderà in autunno, il lato della “Polvere” si sposa con la stagione calda. Al suo fianco, al D'Annunzio, ci saranno questa sera altri 10 musicisti di quella che Capossela definisce «una formazione straordinaria», per dire fuori dall'ordinario. Capossela si racconta al Centro mentre è in viaggio verso Pescara, verso l'Abruzzo, quella terra dove viene volentieri «perché è la terra di John Fante».

Capossela, “Canzoni per la cupa” è il suo lavoro più complesso, quello più completo?

«E' un percorso frutto di tanti altri percorsi, di sicuro un lavoro come questo è la confluenza di molte radici, quella del canto popolare, ma anche del canto sociale, e degli studi rituali. Ci sono tante culture diverse che tuttavia si assomigliano: la cultura della terra che si assomiglia in tutte le parti del mondo, anche se suonano con me musicisti di diversa estrazione, dal Texas alla Romania, si tratta di un “territorio culturale” uniforme. Una formazione interregionale che riassume diverse culture: dai mariachi messicani ai tamburi lucani, è un concerto che vuole sollevare la polvere delle frontiere e andare a fondo delle radici mediterranee. La mia esperienza in questi anni sta nell'avere raffinato, digerito, portato a raffinazione elementi grezzi, che sono sempre stati cercati per desiderio, per “fame”. Questo lavoro di ricerca è complesso, il costo maggiore è sacrificare la propria esperienza personale che ci lega, ad esempio, a un luogo d'infanzia, per rimodularlo in una voce più universale, anche se il rischio è perdere la dimensione più privata».

Quanto conta nel suo lavoro il legame con la terra d'origine?

«Il paese d'origine è una tappa per entrare nel mondo più ampio della terra, nella quale ognuno ha la propria chiave d'accesso. Il concerto di questa sera per me è importante proprio perché è un formidabile concerto della “Polvere”, e ci tengo a farlo nella terra di John Fante. Non a caso lo Sponz Fest di Calitri è gemellato con il Festival di John Fante, a Calitri ospiteremo un tributo a lui e al figlio Dan, uomo straordinario che fu ospite, due anni fa, dello Sponz Fest, quando mi regalò una stecca da biliardo che era stata del padre: sarà con un “colpo” di quella stecca che daremo inizio allo Sponz Fest 2016. Un omaggio anche al romanzo di John Fante “Chiedi alla polvere”. L'Abruzzo è, poi, terra dell'interno, percorsa da dialetti, forgiata dalle transumanze. Tutta l'Italia interna è fatta di paesi spopolati, di terre abbandonate. Spero che non si perda l'occasione che si presenta con il concerto di questa sera per ricreare una comunità, una resistenza della cultura».

Il tour che fa tappa a Pescara ha davanti a sé ancora diversi concerti, tra cui il 27 a Calitri (in Irpinia), ma prima ancora, il 13, al Forum eventi di San Pancrazio (Brindisi), il 18 alla Summer Arena di Soverato (Catanzaro), il 20 al Teatro Verdura di Palermo, il 21 al Teatro Antico di Taormina; e poi il 29 al Beat Festival di Empoli, il 3 settembre a FestaReggio di Reggio Emilia e il 4 all’Home Festival di Treviso.