Il “Maestro” che scolpì la rinascita dell’Aquila oggi rischia di chiudere

Con le sue sculture di legno Ferdinando Codognotto, 85 anni, si è fatto conoscere in tutto il mondo. A 63 anni dall’apertura della bottega la nuova proprietà dell’immobile ha comunicato che non rinnoverà il contratto. Lui: “Questo posto è la mia identità”.
Ha intagliato nel legno la rinascita dell’Aquila dopo il tragico terremoto del 6 aprile 2009. Un cervello tecnologico - uno dei suoi soggetti preferiti - e un albero alle sue spalle che cresce, forte. Un’immagine quasi profetica, 26 anni dopo.Ma quest’oracolo oggi rischia di chiudere il suo tempio: grazie alla sua arte il “Maestro” (così lo chiamano tutti) Ferdinando Codognotto, 85 anni, ha fatto conoscere in tutto il mondo la sua bottega a via dei Pianellari, nel pieno centro di Roma. E’ qui ogni giorno, anche d’estate, l’afa non lo spaventa. Lo si trova davanti alla bottega, spesso in compagnia di qualche vecchio amico. “Mi piace il contatto della gente. Questa bottega è la mia identità, a 85 anni che cosa posso fare? Se me la tolgono io non ho più niente”.
L’intera città si è mobilitata per aiutarlo. Su un tavolino, davanti all’ingresso, c’è un foglio per la raccolta firme (la petizione è anche online. “Sosteniamo il rinnovo del contratto di locazione”. Ma cosa sta succedendo? “Il palazzo è stato acquistato da una società che mi ha inviato una raccomandata per comunicarmi che il contratto di locazione scadrà il 1° aprile del 2026 e non verrà rinnovato”, spiega Codognotto, “così, di punto in bianco, senza neanche la possibilità di parlare. Mi ha fatto male”.
La storia del Maestro inizia più a nord, però, non inizia a Roma ma a San Donato di Piave, in Veneto, dove nasce. Qui si forma, crescendo tra i migliori restauratori della regione. “E’ qualcosa che ho sempre avuto dentro, modellavo la creta fin da bambino”, dice. Ha collaborato anche con Guttuso, che gli dava dei suggerimenti, tra cui “usare più colori nei suoi schizzi”. Ai tempi disegnava le illustrazioni per i suoi giornali. Poi a Venezia ha incontrato la strada che percorrerà per tutta la vita. E’ qui, infatti, che Codognotto impara a intagliare il legno. E così nel ‘63, più di mezzo secolo fa, si è trasferito a Roma, diventando una “istituzione”, come lo definisce il suo amico Gianni, 93 anni, che con lui ha condiviso molte giornate a via dei Pianellari. Quando aprì la bottega aveva 22 anni. Si trasferì a Roma insieme alla moglie, alla quale, dopo la morte, ha dedicato la fondazione Luigina e Ferdinando Codognotto, “dove incontro i ragazzi per trasmettere loro il mio amore per l’arte. Ultimamente sono venuti a fare un documentario su di me ”. Da quando è scoppiato il caso fondazione è stata visitata da molti personaggi istituzionali, tra cui il ministro della Cultura Alessandro Giuli. Prima ancora, dal sindaco di Roma Roberto Gualtieri, che ha fatto sapere di “star attenzionando la situazione, pur non essendo il Comune proprietario dell’immobile. Ma una bottega così importante non può sparire dal nostro centro storico e speriamo che anche la proprietà riconosca l’alto valore di questa attività e la perdita di lustro che comporterebbe per l’intero quartiere”. Parole a cui Codognotto spera che seguano fatti, perché ripete che “questa bottega è la mia vita. Io, a 85 anni, dove vado?”.
In 62 anni il maestro si è fatto conoscere ovunque. L’esterno del locale è tappezzato di foto. Ci sono tanti volti noti, dall’Italia e dal resto del mondo: Pippo Baudo, Julia Roberts, passando per Elisabeth Taylor e Richard Burton, a cui ha regalato un pesce e uno scorpione (i loro segni zodiacali) e con cui giura di essere andato a cena fuori, in una taverna degli artisti vicino Roma. A Giovanni Paolo II ha donato una cometa di Halley, a papa Francesco la Maternità. Più di recente, per il presidente della Repubblica Mattarella ha intagliato un piccolo aereo per celebrare la festa della Repubblica. Lui gli ha risposto con una lettera scritta di suo pugno. “Siamo amici”, spiega. Per l’Aquila scolpì nel legno l’albero della sua rinascita, usando quel pino cembro che ancora oggi profuma la sua bottega. Ha l’odore delle cose antiche, ma non antiquate. Ospita la storia della vita di un uomo che, al pensiero di perdere tutto ciò, soffre. Quanto è provato lo si legge ne suoi occhi. Indica un’altra delle sue sculture (un enorme cervello tecnologico-nucleare realizzato negli anni ‘70 ed esposto a Torino) e ripete, ancora una volta: “Questo sono io. Se perdo la bottega, perdo la identità. Dov’è che vado?”.