Crollo in via D’Annunzio «Una tragedia evitabile»
Depositate in tribunale le motivazioni della sentenza di condanna di Cimino Il giudice: «Omissioni in occasione dei restauri». Pronto il ricorso in appello
L’AQUILA. Il giudice unico Giuseppe Nicola Grieco, ha depositato da alcuni giorni le motivazione della sentenza con la quale ha condannato a 3 anni e mezzo di reclusione l’ingegnere Fabrizio Cimino, il quale si occupò dei restauri del palazzo di via D’Annunzio, che pur in cemento armato, crollò in seguito al sisma causando tredici morti e alcuni feriti.
Con la stessa sentenza il giudice ha assolto il titolare della ditta che eseguì i lavori, Fernando Melaragno. Poi, in un giudizio parallelo, è stato condannato a tre anni anche un altro imprenditore, Filippo Impicciatore, l’unico superstite tra coloro che edificarono (male) quel palazzo signorile negli anni sessanta.
Va subito detto che ci sono altri due gradi di giudizio e che le difese stanno già preparando gli appelli ai fini di una diversa valutazione della controversia per ottenere l’assoluzione.
Grieco, stando alle motivazioni, aderisce in pieno alle richieste del pm e alle prospettazioni del suo perito, Maria Gabriella Mulas. Non c’è dubbio che il palazzo, in quanto mal realizzato, sarebbe crollato comunque e che i restauri fatti 12 anni fa dall’imputato non hanno inciso nella tragedia.
Secondo Grieco la tragedia si poteva evitare se l’ingegnere non fosse caduto in omissioni. «Il pm» scrive Grieco, «ha contestato all’imputato di avere progettato i lavori senza una idonea valutazione di adeguatezza della struttura, e senza accertare l’effettiva consistenza strutturale dello stesso caratterizzato dalle gravissime carenze progettuali, esecutive e di calcolo».
«La più volte ricordata posizione di garanzia di cui il Cimino era investito», aggiunge, «pone la necessità di valutarne le condotte che si sono rivelate decisive per il verificarsi della tragedia. Basta osservare che, qualora l’ingegnere avesse posto sufficiente accortezza nell’esaminare la documentazione, avrebbe rilevato le carenze strutturali che presentava a causa degli errori e omissioni compiute da altri professionisti ora deceduti».
Nel corso del giudizio le parti civili sono rappresentate dagli avvocati Antonio Milo, Maurizio Dionisio, Berardino Ciucci, Alessandro De Paulis, Antonio Di Mizio, Luigi Di Gialluca.
(cr.aq.)
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