Il perdono e la missione: l’inserto speciale del Centro sulla 731esima Perdonanza Celestiniana

23 Agosto 2025

Non solo un rito: dal Giubileo di Celestino si leva un grido di pace, speranza e riconciliazione

C’è un filo che lega la storia dell’Aquila, la sua identità più profonda, alle pagine di una pergamena scritta oltre sette secoli fa. È il filo della Perdonanza, che ogni anno torna a intrecciare memoria e futuro, spiritualità e comunità, religione e civiltà. Non è soltanto un rito, non è soltanto una celebrazione liturgica, non è nemmeno soltanto una festa di popolo. La Perdonanza Celestiniana, semmai ci fosse una definizione possibile, è tutte queste cose insieme: è il volto della città che si riconosce nella sua radice più autentica e al tempo stesso proietta al mondo un messaggio universale di riconciliazione e speranza. Messaggio mai così attuale in un’epoca di conflitti laceranti. Basti pensare alle macerie di Gaza o al fronte ucraino, dove la guerra divora vite e futuro: il perdono sembra impossibile, eppure proprio da questa impossibilità nasce l’urgenza di ripensare a un gesto che non è resa, ma alternativa necessaria alla spirale della violenza. Nel 1294 un eremita diventato Papa, Pietro da Morrone, Celestino V, firmò la Bolla che istituiva il primo giubileo della cristianità. Con un gesto rivoluzionario aprì la porta del Perdono a chiunque, senza differenze di censo, di potere, di condizione. La sua intuizione, semplice e insieme straordinaria, si rinnova ancora oggi all’Aquila nella notte tra il 28 e il 29 agosto, quando migliaia di persone varcano la Porta Santa della Basilica di Collemaggio. In quel varcare c’è il senso profondo della Perdonanza: un cammino interiore, un passaggio simbolico, una scelta di pace. Una trasformazione. Quest’anno, con lo speciale di 16 pagine che il Centro propone ai lettori, vogliamo cercare di restituire la profondità di questo evento unico, diventato dal 2019 Patrimonio immateriale dell’Umanità Unesco. Vogliamo raccontare i volti e le storie, le radici e le prospettive, le luci e le sfide che accompagnano la Perdonanza e la città che la custodisce. Un mosaico che restituisca la complessità e la bellezza di una tradizione che è insieme antica e tremendamente attuale. La Perdonanza, infatti, non appartiene solo al passato. È un presente che interroga, è un futuro da costruire. Nell’Aquila che ancora porta alcuni segni del terremoto del 2009, ma che immagina una nuova prospettiva, la Perdonanza è anche un esercizio di resilienza collettiva. È la prova che memoria e rinascita devono camminare insieme, che la fede può dialogare con la cultura, che la spiritualità può diventare occasione di sviluppo, turismo, incontro. Non un museo vivente, ma una tradizione viva, che respira nel cuore della città e si rinnova. Dentro queste pagine speciali c’è il racconto di una comunità che non dimentica, che interroga e si interroga sulle prospettive e la progettualità. C’è il ricordo delle figure che hanno segnato la storia della Perdonanza, c’è l’impegno delle istituzioni e l’entusiasmo di chi, con discrezione e passione, lavora dietro le quinte perché la Perdonanza possa essere ogni anno all’altezza della sua eredità. C’è, soprattutto, lo sguardo verso il domani: come far vivere un messaggio che parla al mondo in un tempo di guerre, divisioni, conflitti, solitudini. Celestino V ci consegna un’eredità che non si misura solo nella dimensione religiosa. La sua Perdonanza è, oggi più che mai, un messaggio civile, politico, umano, come ha rilanciato Ignazio Silone. È la possibilità di credere che il perdono non sia debolezza, ma forza; non resa, ma scelta consapevole di costruzione. L’Aquila ha fatto sua questa intuizione, trasformandola in segno distintivo e in patrimonio da difendere. Questo è il viaggio dentro la Perdonanza e dentro l’anima dell’Aquila. Un viaggio che parte dalla Bolla, passa attraverso le voci della città, si arricchisce di memorie e visioni, e approda a un messaggio che non smette di parlare. La Perdonanza smette di essere semplice rito e diventa un invito che ognuno può accogliere. È un orizzonte che ci ricorda che il futuro, per essere davvero tale, deve poggiare sulla capacità di perdonare e di ricominciare. Come ha detto Papa Francesco, schiudendo questa Porta Santa davanti agli occhi del mondo intero.

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