L’Aquila, corruzione: indagato amministratore di condominio

11 Settembre 2014

Imprenditore siciliano nei guai nell’ambito della ricostruzione privata. La Guardia di finanza sequestra somme di denaro

L’AQUILA. Un amministratore di condominio è stato denunciato dai finanzieri con l'accusa di corruzione. Le fiamme gialle hanno confiscato la somma di 2mila euro, ritenuta dagli inquirenti come profitto della corruzione. Nel mirino della Finanza e della Procura un aquilano di 50 anni, l'imprenditore siciliano Nunzio Massimo Vinci. Complessivamente, i soggetti indagati, allo stato attuale, sono tre e l'imputazione loro ascritta è "Corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio". L'ordinanza rappresenta l'epilogo di lunghe e articolate indagini di polizia giudiziaria, delegate al Nucleo di polizia tributaria dell'Aquila dalla Procura della Repubblica sin dal 2012, inerenti l'aggiudicazione di lavori di ricostruzione di edifici danneggiati dal terremoto.

Centrale è apparsa la figura dell'imprenditore siciliano, originario della provincia di Siracusa (giunto all'Aquila dopo il sisma del 6 aprile 2009), amministratore di fatto della ditta individuale «Cai di Incontro Cristiano», con sede legale in San Demetrio Ne' Vestini. Attraverso attività dinamiche e tecniche e l'acquisizione di voluminosa documentazione è stato possibile gli inquirenti avrebbero ricostruito gli interessi del Vinici anche nell'ambito della ricostruzione privata, tanto da avere rapporti diretti con l'amministratore del condominio, con sede in una frazione di L'Aquila. Da numerose conversazioni ambientali e telefoniche intercettate è emersa chiaramente l'esistenza di un accordo illecito di natura economica a favore dell'amministratore, avente come finalità l'aggiudicazione dei lavori di quel condominio e l'interesse ad ottenere anche l'aggiudicazione di altre commesse, grazie all'aiuto del predetto amministratore. Secondo le accuse, Nunzio Massimo Vinci aveva raggiunto l'accordo con l'amministratore di corrispondere un compenso in denaro in suo favore, quantificato nella percentuale del 2% sull'importo complessivo dei lavori, quale "contropartita" per l'assegnazione diretta.

Nella vicenda assume un importante valore la funzione esercitata dall'imprenditore amministratore del condominio: soggetto deputato a valutare preventivi, gestire e rendicontare il contributo pubblico per la ricostruzione. La normativa vigente, in virtù della complessità e delicatezza della funzione assegnata, ha previsto per gli amministratori di condominio uno specifico compenso, rientrante tra le spese ammissibili a contributo pubblico. Tale compenso, quantificato in termini percentuali sulla somma ammessa a contributo, deve essere documentato attraverso l'emissione di regolare fattura o ricevuta da parte dello stesso amministratore nei confronti del condominio, per poi essere pagata a mezzo bonifico bancario addebitato sul conto corrente "vincolato".

Pertanto, tale accordo era estraneo al quantum dovuto all'amministratore, ma aveva il sapore di un accordo illecito finalizzato all'ottenimento di affidamento di lavori per la ricostruzione privata. La novità dell'indagine è di natura giurisprudenziale; infatti attraverso l'esame dei poteri e doveri dell'amministratore di condominio nell'ambito della ricostruzione della città di L'Aquila si è potuto attribuire (tesi condivisa dal Giudice per le indagini preliminari) la figura di incaricato di pubblico servizio all'amministratore, che gestisce soldi pubblici (erogazioni pubbliche) per la ricostruzione di condomini privati.

Infatti, l'attività posta in essere dagli amministratori riveste una rilevanza pubblica in concreto, in quanto: disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi nonché rispondente ad un pubblico interesse; assoggettata a poteri di controllo e di vigilanza da parte dell'amministrazione pubblica che ha erogato i fondi; riguardante risorse che conservano la loro natura pubblica perché sottoposte ad un vincolo di destinazione (per finalità pubblica) ed all'obbligo di rendicontazione.

Tale interpretazione trova avallo nella sentenza del Consiglio di Stato numero 4923 del 2013 nella quale si enuncia un principio di diritto fondamentale: la ricostruzione del patrimonio immobiliare danneggiato dal sisma non corrisponde solo agli interessi dei singoli proprietari privati (consistenti nel ristoro del danno patrimoniale subito) ma persegue finalità di pubblico interesse, posto che la ricostruzione del tessuto economico-sociale-urbanistico della città corrisponde ad un interesse proprio della collettività.

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