Persi 2mila studenti universitari

30 Gennaio 2016

Quest’anno sono 17.500 gli iscritti, il calo causato soprattutto dal ritorno al pagamento delle tasse

L’AQUILA. Sono 17.500 e potrebbero arrivare a 19mila con i post lauream che perfezioneranno le iscrizioni a luglio gli studenti universitari che hanno scelto L’Aquila per questo anno accademico. Le iscrizioni si sono chiuse il 31 dicembre scorso e i numeri, ancora suscettibili di qualche piccolo cambiamento, saranno pressoché questi. Duemila iscritti in meno rispetto all’anno scorso che, in sostanza, sono coloro che non hanno pagato la seconda rata delle tasse universitarie. Restano, dunque, meno studenti ma «tutti buoni», come dice la rettrice Paola Inverardi. Ossia: reali, veri, che s’iscrivono per portare avanti i corsi fino al termine. E i duemila persi? Studenti fantasma, probabilmente attratti negli ultimi 5-6 anni dalla sospensione delle tasse concessa dal governo per aiutare la città terremotata. O forse no: le interpretazioni sono aperte, tra i detrattori delle politiche della rettrice Inverardi (accusata di non fare funzionare l’ateneo, soprattutto dopo la decisione di porre l’accesso programmato a ulteriori corsi di laurea e di ripristinare, appunto, il pagamento delle tasse) e chi, invece, ne sostiene l’azione. Fatto sta, che qualsiasi ragionamento intorno all’andamento e all’appeal dell’università aquilana sugli studenti universitari non può prescindere dal fatto che L’Aquila è una città terremotata, tramortita, in cerca di se stessa, che non può offrire ai giovani null’altro che una realtà sociale di cartapesta. Una città il cui centro storico, un tempo animato dai ragazzi, che popolavano anche gli appartamenti ora sfitti delle periferie, resta vuoto. I numeri di oggi non hanno più nulla a che vedere con quei 24.699 studenti iscritti nell’anno accademico 2008/2009, l’anno “avanti sisma”.

Anche il ricorso all’accesso programmato è stato dettato dalle direttive del Miur e un po’ dalla necessità. L’ateneo dell’Aquila «più di questo non può permettersi» per essere in grado di offrire servizi efficienti, e poi c’è da rispettare la proporzione tra il numero degli studenti e quello dei docenti. Numeri che sono paragonabili a quelli di altri atenei con le stesse caratteristiche dell’università dell’Aquila, la quale nel 2014/2015 contava 531 docenti per 21mila studenti. Quest’anno i professori scendono di poco. «Nonostante il calo degli iscritti registrato già negli anni scorsi, restiamo comunque al disopra degli altri atenei simili a noi», spiega la Inverardi. Per fare qualche esempio: la Politecnica delle Marche aveva nello scorso anno 496 docenti per 15.822 studenti; l’università di Ferrara 577 per 15.619; quella di Brescia 541 per 14.419, mentre l’università di Trento contava 511 docenti per 16.700 studenti. «Nel nostro ateneo resta il rapporto di un docente ogni 40 corsisti», precisa la rettrice, che ai detrattori ricorda che L’Aquila continua a soffrire la carenza di docenti e gli errori del passato. «Siamo partiti da 625 docenti nel 2006/2007, un numero cresciuto fino al 2008/2009 e poi è sempre decresciuto». I motivi? Sicuramente il blocco del turn over che ha riguardato tutt’Italia, ma dal 2009 al 2010 (e quindi a valere sul budget 2010/2011) l’ateneo aquilano è risultato non virtuoso: «Avevamo superato l’indice del rapporto tra il numero del personale e il fondo di funzionamento ordinario, che non doveva oltrepassare il 90% e che invece avevamo superato. Per due anni, quindi, abbiamo perso l’equivalente di 30 docenti ordinari, ossia 60 ricercatori e poi tutto il turn over che durerà fino al 2018, come ovunque». La vera sfida, ora, insiste la rettrice «è nella capacità di trattenere gli iscritti e di diminuire il numero degli abbandoni». Una sfida a cui deve partecipare tutta la città.

Marianna Gianforte

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