San Bernardino sta per riaprire

In dirittura d’arrivo i lavori di restauro della chiesa simbolo dell’identità aquilana

L’AQUILA. Ci sono luoghi, all’Aquila, che più di altri rappresentano la memoria collettiva. Tra questi c’è la basilica di San Bernardino, che travalica il suo essere luogo di culto, divenendo identitario. A breve tornerà agli aquilani. Il lavoro di recupero e restauro appaltato dal Provveditorato alle Opere pubbliche restituisce un gioiello. L’avevamo lasciata nel 2009 con le pareti ricoperte dal colore tortora applicato negli anni ’60. «Abbiamo recuperato il bianco della pietra e il rosa originario del ’700, e l’effetto è di una luminosità fino a oggi sconosciuta», spiega l’architetto Maurizio D’Antonio, direttore dei lavori della basilica che, dopo il sisma, non è mai stata puntellata. Nessun danno alla facciata; gravemente colpita, invece, la cupola, su cui si è intervenuti immediatamente, riparando le lesioni della muratura. Poi, come racconta D’Antonio, si è passati al miglioramento della tenuta sismica. «Ciò è stato fatto attraverso tre fasce di acciaio poste a cerchiare la calotta e attraverso un sistema di nastri in fibra di carbonio posizionati attorno alla stessa calotta. La copertura è costituita da una struttura di acciaio su cui sono fissati pannelli rigidi isolanti rivestiti di lastre di piombo che possono raggiungere i 6 metri. È una copertura ventilata per evitare che eccessi termici possano nel tempo limitare la funzionalità della fibra di carbonio».

Oggi si sta terminando l’intervento sulla cella campanaria, di cui era rimasto in piedi solo un lato, che è stato raddrizzato. Gli altri tre sono stati ricostruiti con il materiale del crollo. Nella cella tornano 5 campane (una delle quali recuperata da San Bernardino in piazza d’Armi). Le due più antiche sono datate 1698 e 1739, entrambe fuse dalla ditta aquilana dei Fratelli Donati. Dopo due anni di lavoro su cupola e tamburo, tra i più urgenti, si è intervenuto sul consolidamento e restauro architettonico dell’intera basilica, come spiega il Provveditore alle Opere pubbliche Roberto Linetti. «La seconda fase dei lavori è iniziata nell’autunno 2012 e la sua conclusione è prevista tra qualche settimana. Complessivamente», specifica Linetti, «l’impegno economico è stato di 25 milioni. I lavori in corso sono stati eseguiti dalle imprese Donati spa ed Eme Restauri srl, con l’apporto professionale di progettisti, restauratori, studiosi e maestranze, tutti di elevato livello specialistico». Al loro fianco hanno lavorato anche coloro che si sono occupati del restauro del soffitto ligneo. Con un impegno di circa 300mila euro della Fondazione Carispaq, il soffitto del primo quarto del Settecento, intagliato e dipinto da Ferdinando Mosca da Pescocostanzo è tornato allo splendore originario. Il lavoro coordinato da Letizia Orsatti, sotto la direzione di Lucia Arbace, soprintendente Bsae dell’Abruzzo, iniziato con la diagnostica nei Laboratori dell’Opificio delle pietre dure di Firenze, ha restituito al fondo del soffitto il colore tenue azzurro cielo, che negli anni era stato occultato da incongrue ridipinture. Il soffitto è stato anche rinforzato: il legno è stato riallineato e in alcuni casi sono stati creati nuovi tiranti con l’impianto di corde di acciaio e le parti aggettanti, poi, sono state riancorate. Tutta la basilica è stata rinforzata con la cerchiatura di pilastri e cappelle, con tirature metalliche da parte a parte, iniezioni di malta e il consolidamento di tutte le volte con fibre di carbonio. Qui, come altrove in città, il luogo racconta la storia. «Sotto questa chiesa c’è quella originaria, del Quattrocento», spiega D’Antonio, «c’è il soffitto dell’abside, e dentro le colonne settecentesche ci sono quelle quattrocentesche. La realizzazione della chiesa si è sviluppata dal 1454 fin quasi alla fine del secolo. L’impianto è gotico ma i dettagli decorativi definiti nel corso della costruzione mostrano caratteristiche rinascimentali, come i capitelli dell’abside, di cui abbiamo lasciato in vista una porzione, o nella parasta a destra della cappella del Terzo ordine francescano (la prima a destra)».

La basilica oggi ha una bellezza sfolgorante, sottolineata dalle luci progettate dall’architetto Francesca Storaro, figlia dal premio Oscar Vittorio, che ha illuminato gli archi, il soffitto, la cupola, la vetrata dietro l’abside, perché tutto lo splendore non rimanga mai in ombra. Manca poco per rientrare a San Bernardino, forse per Pasqua o al più tardi a maggio, per la festa del Santo, le cui spoglie sono destinate a tornare nella cappella monumentale che sarà restaurata nei prossimi mesi. «Sono da completare alcuni interventi di restauro su opere artistiche», chiarisce Linetti, «ma si farà in modo che i lavori non interferiscano con le funzioni di culto».

Barbara Bologna

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