Sciacalli nelle case sventrate

Rubano già pochi minuti dopo il sisma, scattano i primi arresti. Task force in borghese della squadra mobile per evitare i furti

L’AQUILA. L’altra faccia della solidarietà è la mano vigliacca che si allunga nelle case sventrate dal sisma per rubare. Accade subito dopo la scossa, all’Aquila e nei paesi disastrati, quando la gente si precipita in strada mezza nuda e scalza, oppure in pigiama e ciabatte. Mentre tutt’intorno è già morte e le macerie hanno inghiottito le persone, qualcuno scrive la pagina più odiosa di una tragedia senza fine. E’ un libro già letto in caso di calamità, eppure stavolta provoca una risposta immediata delle forze dell’ordine, che acciuffa i primi sciacalli e li arresta.

Anche i carabinieri inviati nelle aree colpite, come fa sapere il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, fin dalle prime ore della mattina sono in strada a contrastare episodi di sciacallaggio. E che di questi controlli ci sia bisogno, lo dice a chiare lettere la presidente della Provincia dell’Aquila, Stefania Pezzopane. «Ci sono», dice, «degli sciacalli in giro: questa notte, pochi minuti dopo la scossa, erano già in circolazione». Gli episodi, denuncia la Pezzopane, si sono verificati sia nel centro dell’Aquila, sia nei paesini della provincia. «Abbiamo immediatamente avvertito le forze dell’ordine».

I RINFORZI. La risposta agli sciacalli arriva sia dai poliziotti dell’Aquila, che escono da una questura pericolante, sia dai colleghi del resto della regione, che già hanno trascorso questa prima notte dando il cambio ai colleghi e presidiando, anche in borghese, le zone più colpite del capoluogo ma soprattutto dei paesi. Quindici uomini in tutto, provenienti dalle squadre mobili di Pescara, Chieti e Teramo, hanno rafforzato l’ingente dispiegamento di forze in arrivo dai reparti prevenzione crimine di tutta Italia per tutelare chi, dopo avere perso familiari e probabilmente anche la casa, rischia di vedersi portare via anche quei pochi beni rimasti.

SALOTTI IN STRADA. A Pettino, i salotti si vedono dalla strada. All’Aquila, il centro storico è un’enorme abitazione scoperta. Largo Salvo D’Acquisto, a due passi dallla tendopoli, sembra ferito in pieno petto, con l’intero primo piano dello stabile più grande scollatosi e precipitato sull’asfalto, lasciando in piedi solo i muri portanti. Eppure, all’interno è rimasto tutto come poco prima del crollo: si vedono armadi, sedie, scrivanie con carte e documenti. Manca la vita. Sotto, è tutto chiuso: il bar, la pasticceria, la farmacia. Palazzi interi abbandonati diventano prede ghiotte per chi cammina sul dolore altrui, approfittando della confusione e delle forze dell’ordine impegnate ad assistere gli sfollati.

LA PAURA DEI FURTI. Eppure, è proprio tra loro che serpeggia la paura di vedersi sottrarre quanto è rimasto. «Se le dico il nome», si giustifica una signora minuta con i capeli bianchi, nel campo di piazza D’Armi allestito con tende e punti di ristoro, «chi legge verrà a sapere che non sono in caasa e mi porterà via tutto». Non immagina, forse, che le case sono state tutte abbandonate e che anche in quelle rimaste in piedi nessuno se la sente di passare la notte senza la garanzia che non avvengano nuovi sismi e nuovi crolli. Eppure, non è la sola a sottrarsi dal dare il proprio nome per paura di subìre furti, come a ergere un’ultima difesa contro il terremoto che in pochi secondi tutto ha cancellato.

LA DIFESA FAI DA TE. La polizia c’è, ma intanto i terremotati adottano la difesa fai da te, che consiste nell’afferrare il più possibile dalle loro case pericolanti, rischiando di vedersi crollare addosso intere pareti, e nel portarle in strada. Maglie, scarpe, materassi, brande, ombrelli, quanta roba esce sotto il braccio di chi sa che le notti all’aperto che lo attendono non saranno poche.

PREZZI FOLLI. Ma non c’è solo lo sciacallaggio tipico delle calamità. C’è anche quello che non calpesta il codice ma offende i cuori, che non vìola le leggi ma ha lo stesso un odore infame.
«C’è qualcuno che approfitta della situazione per fare sciacallaggio. Guardate quelle persone: sono andate nel negozio qui accanto a comprare due bottiglie d’acqua e qualcosa da mangiare e hanno speso 70 euro, per quattro cose in una busta di plastica. Una cosa assurda: come si fa ad approfittare così della gente in un momento come questo?».

Parla con rabbia Giampaolo Iorio, che è fuggito da Coppito con la famiglia, la moglie e due figli di 4 e 15 anni, facendosi largo tra le macerie. Loro, gli sciacalli dell’ultima ora, li hanno evitati: una corsa disperata verso L’Aquila, verso la casa paterna, un edificio basso di via della Croce Rossa che si apre su un largo piazzale. E’ qui che attorno alle 13 si è raccolto un gruppo di famiglie, di amici venuti da tutte le zone della città per i quali sono stati preparati un paio di tavoli, pasta per i bambini, panini e bevande: «Abbiamo aperto la casa e abbiamo messo a disposizione quello che avevamo. Ma in casa non possiamo rientrare: meno male che ho l’edicola qui, magari dormiremo lì».

LA NOTTE IN ARRIVO. A tardo pomeriggio, il capoluogo è deserto. Chi ha potuto se n’è andato via lasciando le case pericolanti, i calcinacci, i vetri rotti, i cornicioni pericolanti, le tegole spaccate lungo la strada, i cumuli di macerie, le serrande divelte, i muri sventrati, i tetti crollati. Il silenzio regna ovunque. Ogni tanto, dove si è sbriciolato un edificio, c’è gente al lavoro per cercare di salvare chi è rimasto sotto le macerie ed è ancora vivo e per recuperare chi nella tragedia la vita l’ha persa.

I vigili del fuoco sono centinaia come anche i volontari. A tarda sera, sulle piazze ormai solo gli uomini delle forze dell’ordine si vedono in circolazione: cominciano a prepararsi per la notte e sanno di dover affrontare il più odioso dei nemici: gli sciacalli, quelli che vogliono rubare l’ultimo brandello di intimità a chi ha visto la morte annunciarsi e passare oltre.