«Sulle macerie troppi ritardi»

Il dirigente regionale Gerardini: problema da risolvere con le ordinanze.

L’AQUILA. «Sulle macerie c’è stato un errore d’impostazione: per i siti temporanei servivano le ordinanze». L’allarme è di Franco Gerardini, già parlamentare e dirigente regionale del servizio rifiuti.
Onorevole, cosa si sta facendo adesso, e cosa non si è fatto prima, per affrontare il problema macerie?
«Io evidenzio un problema di impostazione iniziale. Infatti, su questo argomento così complesso avrebbero dovuto agire immediatamente la Protezione civile e il Genio militare. Altro che scaricare sui Comuni. Dovevano fare loro, individuando, prima di ogni altra cosa, l’organizzazione di siti temporanei, più di uno, attraverso l’utilizzo delle ordinanze. È mancata questa operatività e per questo motivo la filiera delle macerie si è bloccata proprio sui siti temporanei. Colpe? Non bisogna gettare la croce addosso a nessuno. Bisogna recuperare il tempo perduto con interventi efficaci, in grado di assicurare, nel contempo, celerità e assoluta correttezza delle procedure».

Nelle macerie c’è di tutto: gioielli e pupazzi, album di fotografie e portafogli, pistole e fucili. Come si affronta un tipo di rifiuto così particolare?
«I materiali derivanti dai crolli di abitazioni sono i più svariati. Non parliamo soltanto di tegole e di calcinacci, di cemento e di pietre ma anche di oggetti di affezione e di armi, come mi è stato confermato dagli operatori che stanno eseguendo, sul campo, il trattamento. Questo evidenzia una volta di più la complessità e l’importanza del lavoro di selezione e di recupero. Il vaglio, pertanto, dev’essere il più efficace possibile, in maniera tale da poter portare al recupero la più alta percentuale. La gestione del trattamento è dei Comuni. La Regione ha il compito di individuare siti per lo smaltimento, cosa che abbiamo fatto. I 3 milioni di metri cubi mi sembrano una sottostima enorme: arriveremo a 5 milioni».

Le macerie sono più un peso, un affare per i clan oppure una risorsa?
«Oggi il vero problema, dopo aver pensato a conferire, selezionare e trasferire è quello di creare un mercato per i materiali che vengono recuperati. Serve una fiscalità che aiuti i soggetti impegnati nella filiera. Abbattere l’Iva sul materiale riciclato, come abbiamo scritto anche nella nostra delibera, è importante in quanto all’Aquila il materiale da cava costa pochissimo. E il riciclato, invece, costa molto di più. Le macerie appetite dai clan? L’Abruzzo ha gli anticorpi sufficienti per resistere alle infiltrazioni. Ci sono istituzioni che vigilano, ma la vigilanza non è mai troppa. Tuttavia, non è facile fare business se non c’è un mercato del riciclaggio. E i clan, per me, sono interessati più a quello che si costruisce che a quello che si demolisce. I detriti, magari, vengono smaltiti abusivamente. E qui bisogna vigilare perché non ci sia un disastro ambientale».

Neppure la Protezione civile trova un sito alternativo all’ex Teges, per il trattamento. E dove mettere, poi, gli inerti che i sindaci del cratere non vogliono portare ad Avezzano?
«Vanno utilizzati per i ripristini ambientali, cioè per riempire le cave dismesse già esistenti. L’Abruzzo ha già troppi morsi nel paesaggio da non doverne creare altri. Trasformiamo il problema macerie in opportunità economica. Per questo è importante l’accordo col Conai, in via di definizione, per recuperare legno, plastica, carta e vetro in stazioni e piattaforme ecologiche. I Comuni riceveranno un contributo».