Caccia al bombarolo in fuga, interrogati i familiari

13 Gennaio 2013

La famiglia dell’autore dell’ordigno latitante da 5 giorni: era eccentrico ma non credevamo arrivasse fino a questo punto

PESCARA. L’ex moglie sudamericana e i due figli avrebbero interrotto da almeno tre anni i rapporti con Roberto Di Santo, l’uomo di 58 anni originario di Roccamontepiano e autore di una bomba capace di far saltare in aria la palazzina a due piani a Villanova di Cepagatti. In questi giorni, i carabinieri del comando provinciale alla guida del colonnello Marcello Galanzi hanno ascoltato i familiari di Di Santo, tra cui la sorella e il papà 82enne, ma da quelle testimonianze non sarebbero emersi elementi utili per indirizzare le indagini se non la descrizione di una personalità reputata «eccentrica, com’era anche a casa, ma non fino a questo punto», dicono gli investigatori sintetizzando le parole dei familiari per cui la realizzazione così meticolosa di un ordigno da innescare con sensori di movimento piazzati in tutta la stanza non ha trovato una spiegazione.

E’ per quella bomba piazzata nella trifamiliare a Villanova di Cepagatti, dove Di Santo stava facendo i lavori di ristrutturazione nella casa della sorella, che sull’uomo pende un’accusa di strage, senza esito, che lo porta a rischiare fino a 15 anni di carcere accanto all’altra accusa per danneggiamento aggravato motivato dall’auto bruciata a Chieti.

Dov’è Di Santo? C’è un ampio schieramento di forze alla ricerca dell’uomo ormai latitante da cinque giorni e che dovrebbe essere in fuga o nascosto nel suo camper bianco e verde, quello in cui alloggiava in giardino nella casa della sorella. Nessuno ha chiamato i militari per segnalare il camper in cui, probabilmente, Di Santo è rintanato e dove può dormire e mangiare. In particolare, la zona sotto assedio è quella metropolitana, a cavallo tra le province di Chieti e di Pescara che l’uomo frequentava. Elicotteri, uomini, militari in borghese e con la divisa sono sulle tracce dell’elettricista, idraulico, muratore e operaio provato da una vita lavorativa non rosea che ha accresciuto il suo risentimento affidato alle pagine del suo sito www.rodisan.it. Eppure ci potrebbe essere qualcuno ad aiutare Di Santo, qualcuno ad esempio a cui appoggiarsi per comprare da mangiare. Gli investigatori non escludono la presenza di un complice e stanno lavorando anche in questa direzione tenendo sotto controllo non solo il suo sito ma anche la sua pagina Facebook. Non sarebbe emerso nulla, invece, dall’interrogatorio dell’ex moglie non più in contatto con l’uomo da almeno tre anni. Dopo la Golf dei vicini bruciata e l’ordigno da innescare di martedì scorso, Di Santo ha dato alle fiamme giovedì la sua vecchia Toyota Starlet a ridosso dell’ingresso del tribunale di Chieti, un obiettivo non casuale collegato ai frequenti richiami all’ingiustizia affidati al suo sito.

Quelle pagine sono zeppe di rancore verso lo Stato, di richiami dalle forze dell’ordine fino alla religione e gli investigatori non escludono neanche che l’uomo possa tornare a farsi vivo attraverso altri gesti.

«Se non mi prenderete prima, al massimo dieci giorni mi consegnerò alle forze dell’ordine», ha lasciato detto Di Santo nel videomessaggio in cui l’uomo si è fatto riprendere dalla telecamera con le due bombole di gpl alle spalle. Una possibile consegna che, se rispettata, dovrebbe avvenire entro il 17 gennaio.

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