Caffè Venezia, perdita di un milione e 200 mila euro per la società fallita

I cinque camerieri non pagati dalla Silvia Srl: la prima società della famiglia Granatiero dichiarata fallita, affidata al curatore Marco Sanvitale

PESCARA. La Silvia Srl, la prima società della famiglia Granatiero che è stata dichiarata fallita, è stata affidata al curatore Marco Sanvitale. A disporlo è stata la sentenza del tribunale fallimentare a firma del presidente Angelo Zaccagnini e del giudice estensore Anna Fortieri che, in cinque pagine, ha spiegato perché la Silvia srl, una delle quattro società della famiglia di origini pugliesi finita nell'inchiesta per riciclaggio del pm Gennaro Varone, deve essere dichiarata fallita. La società, con sede legale inizialmente in provincia di Fermo, ha cessato la sua attività nell'aprile 2011 e ha gestito il Caffè Venezia in piazza Salotto dal 30 luglio 2008 fino all'8 giugno 2010.

LA SENTENZA.
La richiesta di fallimento è nata da cinque dipendenti, residenti tra Pescara e Montesilvano, che hanno lavorato nei bar della famiglia con un contratto a tempo determinato e che, alla scadenza dei contratti, risultavano creditori di circa 36.500 euro. Scrive il giudice nella sentenza che «dal bilancio finale della liquidazione risulta che l'attivo della società debitrice, in liquidazione, è di gran lunga inferiore al passivo patrimoniale e anche l'andamento della liquidazione è risultato negativo tanto che l'esercizio di liquidazione si è chiuso con una perdita di 1 milione 204mila euro come deliberato nell'assemblea del 20 marzo 2011 che ha approvato il bilancio finale di liquidazione».

Il giudice fa anche notare che la società «non è titolare di diritti reali immobiliari» e spiega che per la Silvia Srl «emerge un'irreversibile impossibilità che faccia fronte regolarmente alle proprie obbligazioni e quindi», prosegue la sentenza, «a una situazione di insolvenza».
La sentenza chiarisce anche la competenza territoriale è del tribunale di Pescara quando dice «che la società debitrice ha sede legale a Massa Fermana in provincia di Fermo ma i riccorenti hanno indicato che l'attività si è sempre svolta nella provincia di Pescara». Per, poi, precisare che «l'unità locale in via Regina Margherita 14-18 è stata sede legale della società debitrice fino al 28 giugno 2010 ed è rimasta aperta fino alla cancellazione».

30 LETTERE.
Il giudice ha anche disposto il sequestro dei locali ma i sigilli non ci saranno perché, di fatto, la Silvia Srl non ha più una sede e, infine, ha fissato una nuova udienza per esaminare lo stato passivo della società di fronte al giudice delegato Zaccagnini. Prima dell'udienza di maggio, i creditori hanno tempo per presentare le domande di ammissione al passivo dei crediti. Nel frattempo, il curatore che è stato nominato, ovvero l'avvocato Sanvitale, sta inviando le lettere ai potenziali creditori: circa 30 lettere inviate soprattutto a banche e all'Inps.

L'ASSEGNO AL CAMERIERE.
La Silvia Srl è una delle quattro società finite nel mirino della magistratura che ha indagato sette persone, tra cui i fratelli Pasquale e Sebastiano Michele Granatiero, per riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita. L'inchiesta è stata chiusa e, tra gli indagati, figura anche Giuseppe Prencipe, legale rappresentante della società fallita. Anche il pm Varone ha chiesto il fallimento per tutte le società dei Granatiero, ovvero Ad Maiora Snc, Caffè Venezia e Granatiero ristorazione che gestiscono i locali come i caffè in piazza Salotto e in via Venezia, il panificio Piglia la Puglia e il locale Piano Terra a Pescara vecchia. Ma per la Silvia, la procura è stata preceduta dal ricorso presentato dai 5 camerieri.

In realtà, come spiega la difesa della famiglia, l'avvocato Giuseppe Cantagallo, un dipendente che ha presentato ricorso ha ricevuto dalla società 7.300 euro, la somma che gli spettava e, per questo, il fallimento non poteva essere dichiarato perché non sarebbe stata raggiunta la soglia di 30mila euro. Ma la copia di quell'assegno non sarebbe arrivata in tempo alla sezione del tribunale fallimentare e, infatti, il giudice scrive: «Non si può ritenere raggiunta la prova dell'intervenuto pagamento del credito perché la ricevuta della consegna depositata dalla società debitrice nel termine assegnato dal giudice delegato non consente di stabilire con certezza che il plico contenesse l'assegno richiamato nella memoria difensiva». A sostegno della difesa, c'è comunque un fax inviato dai legali del cameriere, Christopher Leone e Luca Semproni, che scrivono: «L'assegno intestato al dipendente è stato ritirato».

© RIPRODUZIONE RISERVATA