Di Blasio condannato resta in consiglio

3 Gennaio 2013

Processo Ciclone, sfogo dell’ex assessore dopo la pena di 3 anni e l’interdizione: «Ho la coscienza pulita e non mi dimetto»

MONTESILVANO. «Ho la coscienza pulita e non mi dimetto. Del resto, tutti quelli che mi hanno votato, e a Montesilvano non sono pochi, l’hanno fatto ben sapendo che ero sotto processo. E poi, alla giustizia pescarese ci credo poco». Parla così, senza cercare la diplomazia del politicamente corretto e dicendo solo quello che pensa davvero, Paolo Di Blasio, assessore tra il 2004 e il 2006 arrestato insieme all’ex sindaco Pd Enzo Cantagallo e rieletto in consiglio da 7 mesi.

Condannato più votato. Di Blasio riassume il peggio e il meglio che un amministratore pubblico possa augurarsi: se il 28 dicembre scorso è stato condannato, in primo grado, a 3 anni di reclusione più altri 5 di interdizione per corruzione, è vero anche che alle elezioni del 6 e 7 maggio 2012 è stato il più votato con 420 preferenze. La sentenza di condanna non è definitiva e Di Blasio non ha l’obbligo di dimettersi: «Non mi dimetto», assicura, «anzi, farò opposizione fino alla Corte di Cassazione. Se sarà necessario». Una precisazione pesante: in appello, il reato di corruzione potrebbe prescriversi e del processo Ciclone, già azzoppato del reato di associazione per delinquere, non resterebbe più niente. «Comunque», osserva il consigliere, «quando ero sindaco ho avuto modo di constatare che in secondo grado di giudizio c’è sempre un’altra serenità: sicuramente i giudici d’appello prenderanno una decisione senza le pressioni della stessa procura e della stampa». È lo stesso messaggio mandato da Cantagallo a caldo, subito dopo la lettura della sentenza: «Questo è il contesto: siamo in primo grado e in un tribunale dove c’è la stessa procura. Speriamo in un futuro migliore».

«Accusato per un cliente». Di Blasio non è preoccupato e riassume così la sua parte al processo Ciclone: «Ero accusato di associazione per delinquere e sono stato assolto, ero accusato di calunnia e sono stato assolto, ero accusato di concussione e sono stato assolto. Resta in piedi soltanto la corruzione di un cliente del mio studio professionale (l’imprenditore Duilio Ferretti, ndr) e, proprio per questo, non mi preoccupo anche se continuo a chiedermi cosa ho fatto di sbagliato. Se le indagini fossero state fatte meglio, forse, l’esito sarebbe stato diverso: io mi aspettavo di essere già assolto. Adesso, aspetto le motivazioni fra 3 mesi per dire la mia fino in fondo».

Resta anche Canale. Fa discutere la politica anche la condanna a carico di Ronaldo Canale, ex dirigente dell’Urbanistica tornato a lavorare in Comune dopo una sospensione: Canale è stato condannato a 4 anni di reclusione più interdizione di 5 anni ed estinzione del rapporto di lavoro con enti pubblici o società a prevalente partecipazione pubblica. Anche in questo caso, la sentenza provvisoria non comporta obblighi di sospensione per il Comune che, proprio per questo, potrebbe decidere di non decidere. «In giunta non ne abbiamo ancora parlato», dice l’assessore al Personale Vincenzo Fidanza, «lo faremo, in caso di necessità, dopo il 7 gennaio prossimo quando al termine delle vacanze natalizie tornerà al lavoro il segretario generale Alfredo Luviner che è il capo del personale. Ma il buon senso», afferma Fidanza, grande amico di Cantagallo da una vita, «mi porta a pensare che non sarà una questione sulla quale la giunta dovrà esprimersi. In ogni caso, l’importante è fare una riflessione seria e scevra da condizionamenti». Se questo è il metro di giudizio dell’amministrazione, non sarà sospeso neanche Alfonso Di Cola, il dipendente condannato a 2 anni e 2 mesi.

Comune chiede soldi? Capitolo a parte per il risarcimento danni di 200 mila euro che i 13 condannati dovranno pagare in solido al Comune: con le motivazioni della sentenza in mano, il Comune potrà chiedere i soldi senza aspettare che la sentenza diventi definitiva. E se Cantagallo e gli altri condannati non pagassero? Il Comune potrebbe far partire i decreti ingiuntivi .

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