Doping nelle palestre, in trenta a processo

Importavano sostanze dopanti dall'Ucraina che venivano vendute sul mercato clandestino e distribuite a sportivi: a giudizio 30 persone, compreso un ex ciclista, il titolare di una palestra e culturisti

PESCARA. Importavano sostanze dopanti dall'Ucraina che venivano messe sul mercato clandestino e distribuite a sportivi. Un'associazione articolata con un capo, corrieri e pusher: 30 persone, tra cui ex ciclista, il titolare di una palestra e culturisti per cui il giudice ha chiesto il processo.

La metà degli imputati, per cui il processo inizierà a giugno, sono accusati di associazione per delinquere finalizzata a commettere reati in tema di doping: somministrazione, assunzione, agevolazione dell'utilizzo e di commercializzazione attraverso canali clandestini di sostanze proibite nella pratica sportiva. Testosterone, nandrolone, efedrina: sono questi i nomi di alcune delle sostanze proibite che sarebbero state vendute a sportivi, titolari di palestre, culturisti e appassionati di body building finiti nell'inchiesta la cui accusa è rappresentata dal pm Giuseppe Bellelli.

Un flusso di sostanze proibite dall'Ucraina all'Italia coordinato da Oleksiy Kalashnikov, l'ucraino di 34 anni accusato di essere il capo dell'associazione in cui, accanto ad altri nove cittadini di Kiev e Lviv, figurano anche 5 abruzzesi - molti di Pescara - che sono stati rinviati a giudizio dal giudice per l'udienza preliminare Gianluca Sarandrea: gli sportivi Roberto Sciarra, Enrico Sprecacè, Massimiliano Ferro, Franco Salvatore ed Edgardo De Flammineis accusati di aver spacciato o acquistato sostanze anabolizzanti.  Tra i quindici rinviati a giudizio, perchè accusati di aver preso parte all'associazione a delinquere, c'è anche il nome del ciclista professionista ucraino Valery Kobzarenko. Secondo l'accusa le sostanze dopanti venivano introdotte illecitamente e smerciate al casello autostradale oppure venivano conservate in casa come nel caso di De Flammineis nella cui abitazione gli investigatori trovarono 32 compresse di metandienone e oxandrolone e 27 flaconi di un farmaco di produzione cinese contenente gli ormoni per la crescita. Gli altri abruzzesi coinvolti sono entrati nell'inchiesta accusati del reato di doping relativo alla legge entrata in vigore nel 2000.

Tra questi, Andrea D'Annunzio, Patrizio Paraguai, Massimo Di Cintio e Cristina Bruno che avrebbero venduto sostanze dopanti a titolari di palestre e sportivi che si accingevano a partecipare a competizioni.  Il pescarese Maurizio Morgante, che ha sempre la stessa accusa per doping, avrebbe acquistato o ricevuto da una terza persona complessi vitaminici sovradosati che avrebbe, poi, rivenduto come integratori alimentari non notificati dal ministero della Salute. Simili contestazioni sono riferite a Cristian Di Giulio, all'epoca dei fatti gestore di una palestra a Montesilvano, che per l'accusa avrebbe commerciato sostanze e farmaci dopanti mediante «predisposizione e tenuta di canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico, dalle farmacie ospedaliere e dai dispensari». 

Gli altri nomi per cui è stato dichiarato il giudizio sono: Achille Marrone, Augusto Accordi, Guido Ricci, Guido Barone, Luca Toso, Lanfranco Marinelli, Paolo Piovillico e Michel Chiavaroli.  Nell'inchiesta è coinvolta anche una farmacista di Vasto i cui atti sono stati trasferiti a Vasto perché la procura di Pescara si è dichiarata incompetente.  Inoltre, per gli imputati come Kalashnikov, Sprecacè, Ferro, Bruno e Morgante è stato dichiarato il non luogo a procedere per alcuni episodi contestati perché dichiarati prescritti.

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