Fino a duecento clienti al giorno, smantellate a Pescara le case dello spaccio

25 Novembre 2025

Giro da un milione di euro. La Procura chiede il carcere per 14 persone e i domiciliari per altre tre, e il pm cita lo studio del Mario Negri Sud: «Pescara tra le città con il più alto consumo di cocaina»

PESCARA. Sono 17 le misure cautelari (14 in carcere e tre ai domiciliari) richieste dalla Procura della Repubblica di Pescara per smantellare la nuova piazza di spaccio dopo l'abbattimento del “Ferro di cavallo”.

Una inchiesta nata nel marzo dello scorso anno e istruita fino a questo punto dall’ex pm Luca Sciarretta e ancora non terminata, che riguarda un fiorente traffico di droga, principalmente cocaina e crack, gestito tra Pescara e Montesilvano. Ieri tutti gli indagati sono sfilati davanti al gip Francesco Marino per l’interrogatorio preventivo, necessario, con la nuova normativa, per procedere all’emissione della misura cautelare.

LE CASE DELLO SPACCIO

Centrale di spaccio un palazzo di via Aldo Moro dove si trovano due appartamenti, uno al terzo e uno al settimo piano, dove giornalmente transitavano fino a 200 clienti. Due i nuclei familiari di etnia rom finiti nel mirino dei carabinieri del Roni di Pescara che hanno svolto una preziosissima ed efficace attività investigativa: quello di Enrico Spinelli ed Erika Alessandrini (settimo piano) e l’altro formato dalla coppia Luciano e Rita Spinelli (terzo piano) entrambi nello stesso stabile Ater della zona di San Donato. «Soggetti sconosciuti al fisco e non produttivi di reddito»", come scrive il pm, ma comunque «utilizzatori di vari mezzi di locomozione»". Determinanti, ai fini dell'indagine, le conversazioni intercettate tramite captatore informatico (così detto “trojan”), installato nell’apparecchio della Alessandrini.

Le conversazioni intercettate «permettevano di ascoltare in diretta i rilevanti quantitativi di cocaina oggetto di traffico illecito».

PESCARA PIù DI MILANO E ROMA

E nell’informativa dei carabinieri viene evidenziato anche uno studio dell’Istituto Mario Negri Sud di Milano, in cui Pescara risulta la città d’Italia in cui si consuma più cocaina: quasi 30 dosi ogni mille abitanti. «In scala, a Pescara si sniffa più cocaina che a Milano e Roma: si consumano picchi di 27,5 dosi di cocaina ogni mille abitanti a fronte di una media nazionale stimata tra 9,5 e 12», come si legge nella richiesta del pm.

COME SCAMPIA

E ricordando il Ferro di cavallo, il magistrato scrive che il palazzone popolare di via Tavo di recente abbattuto dal Comune, «offriva gli stessi servizi delle Vele di Scampia: era la piazza di spaccio più importante d’Abruzzo, si poteva comprare la droga a buon prezzo e, negli anfratti lontani soltanto poche centinaia di metri, si poteva anche consumare senza essere disturbati», e prosegue affermando che il suo abbattimento non ha però risolto il problema droga in città.

LA NUOVA PIAZZA DI SPACCIO

Ed ecco che l’inchiesta porta quindi alla nuova piazza di spaccio: «Gli appartamenti Ater in molti casi occupati abusivamente e strutturati per essere adibiti proprio a luoghi di confezionamento, vendita e deposito dello stupefacente, “modificati” con porte blindate, inferriate e sistemi di videosorveglianza per allontanare possibili incursioni delle forze dell’ordine». Ma i militari, coordinati dalla procura, installano telecamere dappertutto: anche sulla pubblica via Moro e sui due pianerottoli (oltre ad altre attività di osservazione e altro ancora) che svelano il sistema di controllo adottato dalle due famiglie rom. Gli indagati e i loro collaboratori (che sostano sempre davanti alla porta come sentinelle) non entrano mai in casa con le chiavi, che non portano dietro proprio per impedire blitz a sorpresa in caso di accesso da parte di forze dell’ordine, e dare così il tempo agli altri di disfarsi della droga. Altro sistema di sicurezza per i trafficanti era quello di rifornirsi di droga due o tre volte al giorno: non più di 50 grammi per volta in modo da non detenere o doversi disfare di troppa roba.

12 KG DI COCAINA IN 4 MESI

Stando alle indagini, «nell'arco di tempo dal 19 settembre 2024, con l’inizio delle operazioni di monitoraggio mediante telecamere di vigilanza, alla data del 17 gennaio 2025, fine delle operazioni, sono stati “smerciati” nei 120 giorni di riferimento circa 12 chili di cocaina», e considerando il prezzo di mercato, «il giro di affari può essere stimato tra 720 mila e 960 mila euro nel torno di tempo di soli quattro mesi». La procura parla di «un vero e proprio “hub” dello spaccio aperto a ogni ora del giorno e della notte. Un supermercato capace di soddisfare le richieste di centinaia di acquirenti che affluivano in quello stabile senza soluzione di continuità». Il pm Sciarretta (ora sostituito dal collega Paolo Pompa) parla di «un modello imprenditoriale-criminale che prevede la massimizzazione dell'utilizzo delle risorse».

TELECAMERE SUL PIANEROTTOLO

Una fiorente attività di spaccio alla quale collaboravano i parenti delle due coppie: mariti e mogli di questi ultimi e poi il giro di rifornitori, partendo da “Morena”, la “zia”, come veniva chiamata Paola Claps, madre di uno dei coindagati imparentati con Enrico Spinelli; e poi il figlio della Claps, Patrick Di Rocco e Marvin Cellini. Tutti ripresi dalle telecamere del pianerottolo quando andavano per rifornire i coniugi che occupano i due piani del palazzo di via Aldo Moro. E c'è persino «il collaboratore domestico» che frequentava quotidianamente l'appartamento di Enrico Spinelli e della moglie Alessandrini, Andrea Mammarella che, come si legge nella richiesta, «si occupava di fare la spesa e di svolgere varie commissioni che gli vengono di volta in volta affidate. E a fianco a questo ruolo effettua una autonoma attività di cessione a terzi con una propria clientela».

LE TESTIMONIANZE

Indagini che hanno trovato conforto anche nelle dichiarazioni dei tantissimi clienti che i carabinieri hanno di volta in volta fermato dopo gli acquisti e i sistematici sequestri di stupefacenti. Ora si attende la decisione del gip sulle misure.