Ha accoltellato un ragazzo sulla strada parco, arriva la condanna: tre anni e dieci mesi

Pescara: stabilita la pena per il giovane che a marzo ha aggredito un ragazzo con fendenti a torace e schiena. La vittima era con un amico quando lo sconosciuto ha iniziato a insultarli prima di prenderli a pugni
PESCARA. Tre anni, 10 mesi e 15 giorni di reclusione, risarcimento danni in sede civile per la parte civile con provvisionale di 5 mila euro. È la condanna inflitta dal gup Francesco Marino con il rito abbreviato a un ventunenne di origini lombarde, D.E.G., ma residente a Montesilvano, accusato di tentato omicidio, tentata rapina e porto abusivo di coltello. Fatti che si verificarono il 6 marzo scorso lungo la strada parco intorno alle 23, quando un gruppetto di ragazzi stava guardando una partita sul cellulare. Erano seduti sul muricciolo della strada quando vennero aggrediti dall’imputato che era in compagnia di una minorenne.
E ora è arrivata la condanna. Una pena contenuta in quanto il giudice ha ritenuto che non ci fossero gli elementi relativi al reato di tentato omicidio che ha quindi derubricato in lesioni personali, in quanto quei due colpi di coltello non misero in pericolo di vita la vittima. Non è stata comunque ritenuta credibile la versione dei fatti fornita dall’imputato (assistito dall’avvocatessa Marina Vaccaro) che aveva raccontato di apprezzamenti poco lusinghieri rivolti alla ragazza che lo accompagnava da parte di qualcuno del gruppetto, confermando di aver comunque attinto con due colpi la vittima per timore di essere aggredito.
«Non può dubitarsi delle dichiarazioni della parte offesa», scrive il giudice nella motivazione della condanna, «nemmeno con riferimento alla richiesta di denaro sotto la minaccia di ulteriori coltellate»; e poi aggiunge che «nel caso di specie, l’utilizzo di un’arma da taglio, astrattamente idonea a cagionare la morte; la reiterazione di colpi inferti; il distretto corporeo attinto dai colpi, caratterizzato dalla presenza di organi vitali (torace e spalle), sono tutti elementi indicatori che permetterebbero l’individuazione dell’elemento soggettivo del reato, ma ciò che manca è l’elemento oggettivo del reato tentato: l’idoneità alla condotta».
Determinanti per la condanna sono state in ogni caso le dichiarazioni dei testi presenti e anche le riprese di una telecamera della zona. Il racconto dell'accaduto lo fa la stessa parte offesa: «Erano quasi le 23 e stavo per strada, in via Marinelli, con un mio amico, vedendo una partita di calcio sul telefonino. Si avvicinano un ragazzo e una ragazza (lui con un piercing alla guancia, elemento molto utile per individuarlo facilmente ndr) e lui comincia a inveire contro di noi, dicendo che stavamo guardando la sua ragazza. Poi cercava di aggredire fisicamente il mio amico e allora mi mettevo di mezzo per aiutarlo. Ma il ragazzo iniziava a prendersela con me. Prima mi colpiva con dei pugni ma riuscivo a pararli, allora estraeva un coltello a scatto e mi dava un fendente al costato. Iniziavo a scappare verso casa e mi colpiva con altri fendenti alla schiena. Arrivato all’altezza del semaforo di corso Umberto, mi intimava di dargli dei soldi o il telefono, altrimenti avrebbe continuato a darmi coltellate. Io continuavo a scappare e riuscivo a tornare a casa e chiudermi dentro il cortile».
L’imputato era stato colpito da una misura cautelare nella quale il gip Giovanni de Rensis evidenziava «che l’elevatissima capacità criminale dell’indagato può ben desumersi dall’essere stato condannato tre volte per delitti, ma anche per porto di armi; dall’aver aggredito con elevatissima violenza un pacifico passante».